[spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”first”]

Riassunto: Continua il viaggio con Marco Malacarne nel mondo delle hardy orchids, tutte quelle orchidee che alternano un periodo di crescita a una stagione di dormienza nel suolo con perdita della vegetazione epigea. Vengono inoltre fornite note di coltivazione personali di queste affascinanti piante.

Abstract: Marco Malacarne’s journey into the world of hardy orchids continues! He further introduces us to all those orchids that alternate between a period of growth and a season of dormancy in the soil with loss of the epigeal vegetative system. Personal cultivation notes on these fascinating plants are also provided.

Nel numero 2 del 2020 avevo trattato la coltivazione delle orchidee rustiche europee a fioritura primaverile; in questo articolo invece illustrerò alcune specie di orchidee europee coltivabili all’esterno a fioritura estiva e alcune specie provenienti dal resto del mondo che sono facilmente coltivabili senza l’ausilio di una serra riscaldata.
Come già visto, la maggior parte delle orchidee europee fiorisce tra i mesi di gennaio e aprile, ma alcune sono più tardive e approfittano della maggior quantità di insetti impollinatori presenti nella tarda primavera e durante l’estate. Queste specie appartengono ai generi Anacamptis, Himantoglossum, Dactylorhiza. Ci sono poi alcune specie che provengono dalle zone temperate del resto del mondo e che sono facilmente coltivabili nel clima del Nord Italia: Pleione, Spathoglottis ixioides, Pogonia ophioglossoides, Calopogon tuberosus, Pecteilis (già Habenaria) radiata, Eleorchis japonica, Spiranthes cernua, Hemipilia (già Ponerorchis) graminifolia, nonché alcune specie di Epipactis, le comuni Bletilla e molti Cymbidium.
In commercio è molto facile reperire anche bellissime specie e ibridi di Cypripedium e Calanthe giapponesi, ma per ora ho avuto pessimi risultati nella loro coltivazione, probabilmente a causa delle estati troppo calde e afose. I Cypripedium non sopravvivono nemmeno a una stagione, mentre le Calanthe crescono per qualche anno e poi marciscono verso il mese di agosto attaccate da un marciume inarrestabile. Per ora solo la Calanthe puberula (già reflexa) ha dato buoni risultati; la bella Calanthe striata (già sieboldii) invece si è arresa questa estate, dopo due stagioni.
Alcuni appassionati coltivano anche alcune specie australiane come Diuris e Thelymitra, ma anche in questo caso non sono riuscito ad avere buoni risultati nella coltivazione: ottengo sempre piante molto stentate e che non fioriscono.

 

[/spb_text_block] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/6″]

 

MARCO MALACARNE
Marco Malacarne è laureato
in chimica organica ed èmalacarne
un grande appassionato
di orchidee, specialmente
europee, africane e malgasce,
che adora vedere e studiare in
occasione dei suoi numerosi
viaggi in Africa.

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”12018″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″ el_position=”last”] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”first last”] [spb_single_image image=”12019″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”2/3″ el_position=”first”]

Anacamptis
Molte specie appartenenti al genere Anacamptis sono precoci, soprattutto l’Ant. morio è tra le prime orchidee a fiorire, ma esistono alcune specie, più o meno diffuse, che fioriscono a maggio-giugno.
La cosiddetta Anacamptis coriophora subsp. fragrans (da alcuni considerata una subspecie a sé stante ma dai Kew considerata come sinonimo della Ant. coriophora) è una specie molto diffusa in tutta Europa, tipica dei prati asciutti e dei boschi radi con pH basico. Vi è poi l’Anacamptis coriophora (già fragrans) propriamente detta, ormai sempre più rara, che è invece tipica di ambienti molto umidi e a pH acido. Fiorisce nel mese di maggio-giugno, è una pianta alta anche più di 30 cm che produce un’infiorescenza molto densa composta da piccoli fiori di colore variabile, dal marrone al rosso, spesso molto profumati di vaniglia o anice. Questa pianta è molto facile da coltivare, richiede una buona esposizione al sole, un terreno molto drenante e con pH basico.
Un’altra specie dalle esigenze simili è l’Anacamptis sancta, una specie abbastanza rara originaria dell’aerea orientale del Mediterraneo. Anche l’Ant. sancta cresce in terreni asciutti e con una buona esposizione al sole: non è raro trovare degli esemplari che crescono molto vicino al mare. Produce fiori rosa, viola o carminio raccolti in una densa pannocchia alta fino a 45 cm.
Himantoglossum
Il genere Himantoglossum comprende alcune specie per lo più a fioritura estiva, tranne l’Himantoglossum robertianum (già Barlia robertiana) che è sempre la prima orchidea della stagione a fiorire. Al momento coltivo solamente un esemplare di Himantoglossum caprinum, una specie originaria dell’Europa sud-orientale amante dei suoli calcarei ben esposti al sole. È un’orchidea appariscente grazie all’infiorescenza che può diventare molto alta (fino a 90 cm) e dal fiore molto particolare con un lungo labello viola con l’estremità bifida.
Questa specie è abbastanza facile da coltivare: come substrato utilizzo la classica miscela che preparo per le altre orchidee rustiche e durante l’inverno la pianta viene esposta in pieno sole. Dato che si tratta di una specie abbastanza tardiva, con l’aumentare delle temperature però bisogna schermare il vaso dai raggi solari (ormai forti e caldi) perché altrimenti il tubero verrebbe letteralmente bollito con conseguente perdita della pianta.

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”12020″ image_size=”medium” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″ el_position=”last”] [spb_single_image image=”12021″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”12045″ image_size=”medium” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”last”] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”first”]

Epipactis
Il genere Epipactis comprende numerose specie originarie di tutto l’emisfero boreale; solamente pochissime però sono coltivabili. Molte specie di Epipactis per sopravvivere hanno bisogno di particolari micorrize presenti nel suolo del luogo di origine e non sono quindi praticamente coltivabili. Alcune specie (e loro ibridi) originarie delle zone umide dell’America settentrionale, dell’Europa e dell’Asia si prestano perfettamente alla coltivazione orticola e sono spesso vendute anche come piante ornamentali: le più comuni sono l’Epipactis gigantea, l’Epipactis palustris, l’Epipactis royleana e l’Epipactis veratrifolia. Nella mia collezione sono presenti da alcuni anni le prime tre specie e anche l’ibrido di origine orticola Epipactis Passionata (palustris × royleana).
Queste specie sono di facile coltivazione se trovano le condizioni ideali: i rizomi ramificati e densi di gemme vanno piantati in un vaso di dimensioni adatte, ma non troppo largo, utilizzando un substrato composto da una miscela di sabbia di fiume grossolana e di perlite con l’aggiunta di un poco di torba. È necessario porre il rizoma abbastanza in profondità con le gemme rivolte verso l’alto e coprire con almeno 4-5 cm di substrato. Per le irrigazioni utilizzo sempre acqua da osmosi inversa e lascio i vasi sempre immersi in 3-4 cm di acqua. In primavera vengono emesse le vegetazioni e in estate dall’apice si formano le infiorescenze che portano numerosi fiori di colori diversi a seconda della specie. Tutte le Epipactis amano una posizione abbastanza ombreggiata e vengono facilmente danneggiate dal sole estivo. È necessario procedere al rinvaso ogni anno per eliminare le porzioni morte e per dividere il vigoroso rizoma oppure per porlo in un vaso dalle dimensioni adatte. A parte l’Epipactis palustris, tutte le altre specie che coltivo si sono rivelate molto vigorose e ogni anno riempiono completamente il vaso in cui vengono piantate.

[/spb_text_block] [spb_text_block title=”Ophrys” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”last”]

Dactylorhiza
La maggior parte delle Dactylorhiza che coltivo fioriscono nel mese di aprile-maggio, ma una specie molto particolare originaria dell’isola di Madeira (Portogallo) è più tardiva e la sua fioritura inizia nel mese di giugno. La Dactylorhiza foliosa cresce nell’isola di Madeira su suoli molto umidi e forma grandi colonie lungo il percorso delle levadas (dei canali scavati nei secoli passati per trasportare l’acqua da una parte all’altra dell’isola). Come tutte le Dactylorhiza anche questa specie presenta un tubero appiattito e con una profonda divisione. Le foglie punteggiate sono raccolte principalmente in una rosetta basale dal cui centro cresce lo stelo fiorale, su cui sono inserite alcune foglie, alto dai 30 ai 40 cm. I fiori sono viola, il labello, ampio e quasi piatto, presenta spesso delle marcature disposte a ventaglio che si congiungono all’imboccatura dello sperone. Fiorisce nel mese di giugno.
In commercio è facile trovare delle piante vendute come Dact. foliosa, ma purtroppo quasi sempre si tratta di ibridi artificiali e la specie pura è veramente difficile da reperire. La pianta va coltivata in una miscela di bark compostato, torba, pomice e foglie secche per simulare l’ambiente naturale in cui cresce (boschi umidi e bordi di torrenti); ama un’esposizione abbastanza ombrosa e va assolutamente annaffiata con acqua da osmosi inversa a cui viene saltuariamente aggiunta una piccola dose di concime. Il substrato deve rimanere costantemente umido: in estate è bene lasciare sempre 1-2 cm di acqua sotto il vaso; in inverno eliminare l’acqua in eccesso e mantenere solo il substrato umido. La Dact. foliosa è originaria di un’isola a clima abbastanza mite, ma è comunque molto rustica. Se l’inverno fosse troppo rigido e con temperature di molti gradi sotto lo zero, è bene ritirarla in un luogo più riparato dove il substrato non possa gelare.

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”12024″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”12025″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”last”] [spb_single_image image=”12026″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_single_image image=”12027″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”first”] [spb_text_block title=”Anacamptis” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”last”]

Bletilla
Il genere Bletilla comprende 6 specie di orchidee terricole originarie dell’Asia orientale; sono stati creati anche moltissimi ibridi artificiali dai colori molto sgargianti.
Sicuramente la Bletilla striata è la specie più conosciuta e anche la più facile da coltivare: si tratta di una specie molto vigorosa che viene coltivata in pieno giardino tutto l’anno come una normale pianta perenne.
In inverno le foglie muoiono, ma il rizoma sopravvive anche a molti gradi sotto zero senza alcun problema; in tarda primavera vengono emesse le infiorescenze che portano numerosi fiori solitamente viola; la fioritura dura anche più di un mese, dato che i fiori si aprono in successione e ogni infiorescenza ne porta anche 20.
La Bletilla ochracea invece è una pianta molto meno vigorosa della Ble. striata e anche leggermente meno rustica; viene di solito coltivata in vasi proporzionati alle sue dimensioni e in posizione abbastanza ombreggiata.
Anche la Ble. ochracea fiorisce in tarda primavera e produce fiori di un bel giallo leggermente profumati. Per questa orchidea utilizzo un normale terriccio per piante ornamentali a cui aggiungo un po’ di pomice fine per renderlo più poroso.

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”12028″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block title=”Serapias” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”first”]

Le orchidee per la torbiera-sfagnera
Alcune orchidee originarie dell’Asia e dell’America del Nord si sono adattate per crescere in suoli molto acidi e sempre umidi, spesso ricoperti anche da sfagno. Le più comuni e facilmente reperibili in commercio sono le seguenti: Pecteilis (già Habenaria) radiata, Pogonia ophioglossoides, Eleorchis japonica e Calopogon tuberosus.
Coltivo tutte queste specie nella piccola sfagnera insieme anche ad alcune piante carnivore. Tutte queste orchidee sono molto gradite a lumache e limacce: prestate quindi molta attenzione soprattutto nel periodo che precede la fioritura.
La Pecteilis (già Habenaria) radiata è una piccola pianta originaria del Giappone dove colonizza sfagnere. La pianta passa l’inverno producendo piccoli cormi ovoidali (lunghezza 8-10 mm, diametro circa 5 mm) dai quali in primavera emerge una nuova vegetazione che produrrà l’infiorescenza in estate. È una specie che si moltiplica molto facilmente: spesso ogni singola pianta produce 3-4 cormi ogni stagione.
Ho notato che i migliori risultati si hanno adagiando i cormi in sfagno vivo e non in una miscela di torba e perlite come viene spesso consigliato.
È assolutamente necessario bagnare solo con acqua piovana o da osmosi inversa senza aggiunta di concime e utilizzare un substrato molto acido (lo sfagno vivo aiuta moltissimo). Il substrato deve rimanere sempre intriso di acqua durante tutto l’anno, non deve mai asciugare altrimenti i cormi vengono danneggiati irreparabilmente; non è un problema se durante i mesi invernali il vaso gela completamente: si tratta di una specie molto rustica che non subisce danni da gelo. Mantenere sempre almeno 1 o 2 cm di acqua sotto il vaso. La Pecteilis (già Habenaria) radiata ama un’esposizione abbastanza soleggiata, ma in
estate è meglio evitare il sole diretto. L’unica cosa a cui questa specie è veramente sensibile è l’eccesso di sali e il pH neutro-basico che causano il rapido deperimento della pianta.
In commercio esistono numerose varietà più o meno costose: io coltivo con successo da molti anni la varietà tipica e la varietà pelorica ‘Hishou’.

[/spb_text_block] [spb_text_block title=”Orchis” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”last”]

Sia la varietà classica sia quella pelorica fioriscono praticamente in contemporanea nei mesi di giugno e luglio.
La Pogonia ophioglossoides è una piccola orchidea originaria delle paludi acide del Nord America: la pianta emette una singola foglia da cui in primavera avanzata emerge lo stelo fiorale, alto circa 20 cm, che porta un singolo fiore rosa (o raramente bianco). In condizioni ottimali è una specie abbastanza invasiva in quanto presenta rizomi stolonanti che crescono appena sotto la superficie del terreno o ancora meglio dello sfagno vivo; in un paio di anni la pianta formata da un paio di gemme è in grado di colonizzare un vaso intero. Questa specie non forma bulbi o cormi per superare l’inverno: dai rizomi emergono delle gemme che rimangono in dormienza durante l’inverno e in primavera emettono la foglia e lo stelo fiorale. Anche la Pogonia ophioglossoides ama un’esposizione abbastanza luminosa, ma non tollera il sole estivo diretto che danneggia seriamente le sue delicate foglie. Fiorisce nel mese di maggio.
Coltivo anche questa specie da un po’ di anni e ha sempre dato risultati soddisfacenti utilizzando come substrato una miscela 1:1 di torba acida e perlite sopra la quale viene piantato dello sfagno vivo. A differenza della Pecteilis (già Habenaria) radiata e delle altre specie descritte qui di seguito, questa pianta necessita di avere un substrato torboso in cui far crescere i rizomi.
Anche in questo caso l’unico nemico di questa specie è un pH troppo alto o un eccesso di sali.
L’Eleorchis japonica, come dice il nome, è originaria del Giappone. È una piccola pianta tuberosa che emette un’unica foglia lunga massimo 10 cm e in estate produce un’infiorescenza che porta al massimo due fiori di colore variabile dal bianco al viola. Questa specie supera l’inverno producendo un piccolo cormo appiattito dal diametro compreso tra i 5 e i 10 mm; raramente si riproduce per via vegetativa. Fiorisce nel mese di giugno.
Coltivo questa specie da qualche anno, sin da quando era stata appena deflaskata e ogni anno è cresciuta come dimensioni fino a fiorire; purtroppo

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”12029″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”12030″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”last”] [spb_single_image image=”12031″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block title=”Dactylorhiza” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”first”]

non sono riuscito a fotografare il fiore perché è stato impollinato subito. Si tratta comunque di una varietà dal fiore abbastanza chiaro.
Ho adagiato il cormo in un letto di sfagno vivo, dal quale è stato velocemente avvolto, e bagno sempre con acqua da osmosi inversa senza aggiunta di concime.
Il Calopogon tuberosus è una bellissima orchidea nord-americana originaria di terreni molto umidi a reazione fortemente acida. Viene comunemente chiamata “tuberous grass pink” perché le foglie lanceolate (da 1 a 5) emesse ogni primavera ricorda moltissimo l’erba. L’infiorescenza, alta dai 25 ai 75 cm, viene emessa in tarda primavera e porta numerosi fiori duraturi di colore viola, rosa o bianco che si aprono in successione.
Questa specie produce ogni anno uno o più cormi (se in salute) di forma appiattita e irregolare per superare l’inverno.
Coltivo il Calopogon tuberosus da qualche anno e ho ottenuto ottimi risultati: nelle mie condizioni si è rivelata una specie di facile coltivazione, anche se molti amici mi hanno sempre raccontato di avere numerosi problemi con questa pianta. Come per l’Eleorchis japonica ho adagiato il cormo su un substrato di sfagno vivo che crescendo lo ha sepolto; adesso si trova a una profondità di almeno 10 cm. In estate pongo anche questa specie in un luogo riparato dai raggi solari per evitare scottature.
Nel mese di giugno la pianta fiorisce abbondantemente e si è anche riprodotta per via vegetativa, segno dell’ottima salute di cui gode. Ho notato che durante il periodo estivo le foglie sono abbastanza soggette

[/spb_text_block] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”last”]

all’attacco del ragnetto rosso e a volte vengono inglobate dallo sfagno in rapida crescita (dal quale vanno liberate).
La Spiranthes cernua è un’orchidea originaria dell’America del Nord e predilige terreni umidi o acquitrinosi; è in grado di rimanere completamente sepolta dall’acqua per un lungo periodo senza subire alcun danno; a differenza delle piante sopra descritte però si adatta sia a terreni leggermente acidi sia a substrati alcalini e non risente assolutamente se viene innaffiata con un’acqua contenente sali.
Questa specie fiorisce in autunno inoltrato (dal mese di ottobre in poi) producendo un’infiorescenza alta circa 40 cm sulla cui sommità sono raccolti numerosi fiori bianchi delicatamente profumati. I fiori sono disposti a spirale, da questa particolare caratteristica prende il nome il genere. Terminata la fioritura, la pianta che ha prodotto l’infiorescenza muore, ma dalle grosse radici rizomatose sotterranee vengono emesse numerose nuove rosette che in primavera cresceranno vigorosamente.
La Spiranthes cernua è una pianta molto facile da coltivare e non ha particolari esigenze se non rimanere sempre umida; questa specie si riproduce molto facilmente sia per via vegetativa sia attraverso i numerosi semi che germinano molto facilmente su un terreno umido o su sfagno vivo e in due anni formano piante in grado di fiorire. Può essere coltivata anche in torbiera insieme alle specie sopra descritte, ma non tollera essere sommersa dallo sfagno vivo e per formare piante robuste necessita di essere concimata durante il periodo estivo.

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”12032″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”12033″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”last”] [spb_text_block title=”COLTIVAZIONE” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”first”]

Le orchidee semi-rustiche coltivabili nel Nord Italia
La Spathoglottis ixioides è una piccola orchidea originaria della zona himalayana dove cresce su rocce umide ricoperte da muschio a quote piuttosto elevate (dai 2000 ai 3000 metri d’altitudine). Si tratta della specie di Spathoglottis più piccola ed è anche l’unica coltivabile senza avere una serra riscaldata. Gli pseudobulbi sono globosi e non superano i 10 mm di diametro e i 5 mm di altezza; da ogni pseudobulbo in primavera emergono le nuove vegetazioni che portano 1-2 foglie lunghe massimo 10 cm. In estate vengono emesse le infiorescenze che portano 1-2 fiori del diametro di 2-3 cm di colore giallo intenso non profumati.
Durante il periodo estivo lo pseudobulbo lentamente deperisce e allabase delle foglie si forma quello nuovo; a settembre-ottobre la pianta entra in riposo.
Questa specie è abbastanza facile da coltivare, ama un substrato leggero che mantenga molta umidità ma che al contempo sia molto drenante e non favorisca ristagni idrici. Utilizzo un substrato composto da corteccia di pino molto fine mescolata a pomice fine e perlite. I piccoli pseudobulbi vanno piantati appena sotto la superficie del terreno; in caso di rinvaso prestare attenzione poiché ogni vecchio pseudobulbo produce molti figli ed è facile che qualcuno vada perso. In primavera si comincia a bagnare quando emergono le nuove vegetazioni facendo attenzione a non eccedere con l’acqua in quanto si potrebbero verificare marciumi sulle nuove vegetazioni. Durante l’estate, per proteggere la pianta dall’eccessivo calore e mantenere il substrato sempre umido lascio sempre 1 cm di acqua da osmosi inversa nel sottovaso. Verso il mese di settembre diminuire le irrigazioni: la pianta perderà presto le foglie e il substrato dovrà rimanere asciutto; nebulizzare solo occasionalmente per evitare un’eccessiva disidratazione dei piccoli pseudobulbi. Ama una posizione abbastanza ombreggiata.
La Spathoglottis ixioides deve svernare in un luogo dove non geli mai, ma che al contempo rimanga fresco, diciamo che una temperatura sui 5-8 °C per tutto l’inverno è perfetta; non è importante dare luce in questo periodo.

La Hemipilia (già Ponerorchis) graminifolia è un’orchidea originaria del Giappone dove viene coltivata da molti secoli e, come nel caso delle Vanda (già Neofinetia) falcata, è oggetto di uno scrupoloso “rituale” di coltivazione e di una continua ricerca di forme sempre più particolari.
La variabilità stessa della specie e la continua selezione dei coltivatori nipponici ha generato numerosissime cultivar dai fiori con i colori più disparati.
La Hemipilia (già Ponerorchis) graminifolia cresce come litofita in zone montuose: in natura purtroppo questa specie è diventata molto rara soprattutto a causa della continua raccolta di esemplari da parte dei collezionisti giapponesi.
È una pianta abbastanza facile da reperire in commercio ed è anche relativamente economica, ma ho avuto alcuni problemi di coltivazione, soprattutto in primavera. Questa specie ama un terreno molto drenante: un mix setacciato di pomice fine, ghiaietto grossolano e perlite è perfetto; non si devono minimamente avere ristagni idrici, soprattutto in primavera quando vengono emesse le nuove vegetazioni. La primavera scorsa su 8 bulbi acquistati purtroppo solo 2 sono sopravvissuti e hanno fiorito. In inverno conservo i piccoli bulbi piantati nel substrato di coltivazione asciutto in un garage non riscaldato: come per la specie sopra descritta, 5-8 °C di minima sono perfetti.

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”11104″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″ el_position=”last”] [spb_single_image image=”12035″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”12036″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″] [spb_single_image image=”12037″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″ el_position=”last”] [spb_single_image image=”12038″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”first”]

Le Pleione sono piccole orchidee originarie dell’Asia orientale. Il genere è composto da circa una ventina di specie e molti ibridi di origine orticola; sono tutte piccole orchidee terricole originarie di zone montuose.
Le Pleione si possono dividere in due gruppi: quelle a fioritura autunnale e quelle a fioritura primaverile. Al primo gruppo appartengono 3 specie e un ibrido: Pln. praecox, Pln. saxicola e Pln. maculata, oggetto della scheda di coltivazione presente su questo numero, a cui si aggiunge l’ibrido naturale Pln. ×lagenaria, replicato anche artificialmente e denominato Pln. Confirmation. Al secondo gruppo invece appartengono tutte le altre specie e il vastissimo numero di ibridi di origine orticola.

Le Pleione a fioritura autunnale sono originarie di zone a clima più mite, quindi sono più resistenti al caldo estivo (tollerano benissimo anche temperatura ben sopra i 30 °C), ma sono meno rustiche e necessitano di una temperatura minima di 10 °C durante l’inverno. In estate amano avere il substrato sempre umido e anche durante il periodo di riposo invernale non vanno mai lasciate asciugare completamente. Le Pleione a fioritura primaverile invece sono più rustiche, ma sopportano meno il caldo estivo. Vanno tenute a circa 3-4 °C di minima in luogo molto umido e con il substrato asciutto (un locale lontano da casa o in frigorifero); in estate non sopportano temperature superiori ai 25 °C soprattutto se le notti sono calde. Uno stratagemma che ho visto funzionare molto bene in estate consiste nel lasciare 1-2 cm di acqua in un largo sottovaso in cui vengono posizionati i vasi: l’acqua evaporando raffredda notevolmente le radici e l’ambiente circostante alla pianta, permettendole di superare benissimo i caldi estivi. Così le sottili radici vengono mantenute sempre umide, altrimenti si disidraterebbero facilmente

[/spb_text_block] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/2″ el_position=”last”]

Tutte le Pleione hanno pseudobulbi annuali di forma e colore variabile da cui in primavera vengono emesse le nuove vegetazioni che formeranno i nuovi pseudobulbi durante l’estate; in autunno le foglie cadono e la pianta entra nel periodo di riposo (assolutamente necessario per il suo benessere e per indurre la fioritura). Nel caso delle Pleione a fioritura primaverile l’infiorescenza viene emessa in contemporanea alle foglie; nel caso invece delle specie a fioritura autunnale le foglie si formano alla base dello stelo che aveva portato il fiore l’autunno precedente. Tutte le specie e gli ibridi di Pleione amano un’esposizione abbastanza ombreggiata, beneficiando di una o due ore di sole la mattina presto. Durante il periodo di riposo invece non necessitano di luce, infatti molti coltivatori conservano i bulbi (delle piante a fioritura primaverile!) anche in frigorifero.

Con i dovuti accorgimenti le Pleione sono specie abbastanza facili da coltivare anche in un clima con estati molto calde come quello della Pianura Padana: in breve tempo la pianta genera molti nuovi pseudobulbi che regalano una fioritura spettacolare.
Per iniziare sicuramente la Pln. formosana e la Pln. Tongariro (entrambi a fioritura primaverile) sono perfette: si tratta della specie e dell’ibrido più tolleranti in fatto di temperature estive e meno esigenti; inoltre sono anche le più facili da reperire in commercio. Esistono specie e ibridi molto ricercati e costosi, ma è sempre bene prestare attenzione quando si acquista una nuova Pleione in quanto le collezioni sono spesso contaminate da virus (non letali ma che alterano la colorazione del fiore) a cui queste orchidee sono molto sensibili. Le Pleione a fioritura autunnale sono decisamente facili da coltivare, ma sono molto difficili da reperire in commercio.

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”12039″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”12041″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”last”] [spb_single_image image=”12042″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_single_image image=”12043″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *