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Varese Orchidea 2015 vista con gli occhi di un neofita

A cura di Andrea Oldrini

[/spb_text_block] [/spb_row] [spb_column width=”1/2″ el_position=”first”] [spb_text_block title=”Mi presento” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Mi chiamo Andrea e sono un neo-socio. In realtà, l’intenzione di fare parte dell’ALAO c’era già da un bel po’ di tempo, ma, prima di un paio di anni fa, questo passo era stato solo un buon proposito sempre rimandato e rimasto lì in un angolino fintanto che la sindrome dell’orchideomania non ha colpito anche me in maniera conclamata.

L’incubazione è stata lenta ma inarrestabile. Dapprima c’era solo la passione per la botanica, i bonsai e le piante rare, fino a che, per caso, è arrivata a casa mia una Phalaenopsis. Era proprio bella, ma mai avrei pensato che il vederla rifiorire a distanza di tempo potesse appagare così tanto, al punto da spingermi ad accettare volentieri gli esemplari che amici e parenti avrebbero destinato alla spazzatura. In fondo, dopo averci preso un po’ la mano, mi sono accorto che non era poi così difficile rimetterli in sesto e riportarli al loro antico splendore. Ben presto, però, gli ibridi che si trovano nei comuni Garden Center, per quanto belli, hanno iniziato a non bastarmi più. Dovevo trovare qualcosa di più sfidante. A questo punto, supportato da parecchie letture e dalla frequenza a diversi corsi ho iniziato a mettermi a caccia di specie sempre più particolari e curiose e, alla fine, eccomi qui.

Come tutti gli appassionati, appena riesco, non mi faccio sfuggire l’occasione di partecipare agli incontri dell’Associazione o, ancora meglio, di visitare le mostre. Le esposizioni, in genere, costituiscono una ghiotta occasione perché se, da un lato, lì si vedono delle fioriture e degli allestimenti veramente notevoli, dall’altro insegnano davvero molto, soprattutto quando si chiacchiera o si sente parlare qualcuno che, alla proprie spalle ha esperienza in questo meraviglioso hobby.

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A proposito di corsi, devo riconoscere che la mostra è stata piacevolmente arricchita da alcune lezioni che hanno risposto un po’ ai gusti ed alle esigenze di tutti, dal principiante interessato a sapere se mai avrà speranze di far rifiorire la sua pianta, a quelle di chi, invece, mastica già la materia e vuole approfondire le proprie conoscenze sentendo e confrontandosi con le esperienze altrui. Ovviamente, non poteva mancare un punto informativo e un angolo di pronto soccorso, in cui soci ed esperti si sono prodigati con consigli e, soprattutto, si davano un gran da fare per accudire e curare le piante, talvolta anche piuttosto malconce, che i numerosi visitatori spesso portavano, nella speranza di poterle rivedere, un giorno, in salute.

Varese Orchidea, ovviamente, non si è esaurita in quello che vi ho raccontato in questo articolo. Ci sarebbe molto altro ancora da scrivere, prima di tutto sulle piante che erano esposte, ma per questa volta perdonatemi. Essendo alle prime armi, non saprei fare altro che citarvi specie come le bellissime e aeree Vanda, le affascinanti Cattleya, le immancabili Phalaenopsis o i Phaphiopedilum. Se mai dovessi scrivere in qualche altra occasione, mi documenterò meglio. Pregevole, inoltre, è stata anche la partecipazione di coltivatori sia italiani, sia stranieri, nonché una cosa che, di solito, passa in secondo piano: l’impegno di chi ha organizzato questo evento dedicando buona parte del proprio tempo libero e delle proprie energie. Credo che il consistente afflusso di gente interessata abbia ripagato per buona parte tutti questi sforzi. A questo proposito, mi ha colpito particolarmente un signore che, rivolgendosi al punto informativo, ha spontaneamente ringraziato l’Associazione riconoscendo la dedizione con cui i volontari si adoperano nella divulgazione dell’amore per queste piante. Al giorno d’oggi, in cui tutto è scontato o, ancor peggio, dovuto, un simile apprezzamento è un risultato non da poco.

[/spb_text_block] [/spb_column] [spb_column width=”1/2″ el_position=”last”] [spb_text_block title=”Le sorprese a Varese Orchidea 2015″ pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Alla manifestazione ho trovato condensati un po’ tutti questi ingredienti, per cui condivido con piacere le mie impressioni. Non me ne vogliano i coltivatori seri, ma il mio punto di vista è quello di chi si è avvicinato solo recentemente alle specie da collezione, per cui, sicuramente, quello che scrivo, ai più, risulterà scontato e forse un poco noioso.

La prima cosa di Varese Orchidea che mi ha incuriosito davvero parecchio è stato il fatto che, finalmente, sono riuscito a vedere dal vivo come sono fatte le Phalaenopsis botaniche. Non che non sapessi nulla della loro esistenza e del fatto che quelle che si trovano comunemente in giro sono frutto di incroci, ma, averle lì a portata di mano e, soprattutto, avere anche chi mi ha spiegato vita, morte e miracoli di queste specie mi ha permesso di apprezzarle appieno. Non vorrei dire un’eresia, ma, se devo essere sincero, fino a quel momento, viste solo in fotografia o su internet, non mi avevano mai detto nulla di che. Anzi, le trovavo insignificanti, bruttine e pure striminzite.

Questi esemplari, insieme alle altre orchidee esposte si armonizzavano in una cornice molto suggestiva, ricreata con un allestimento curato in tutti i particolari. La sensazione che ho avuto è stata quella di vivere una sorta di viaggio esotico, deliziato dai colori di una vegetazione lussureggiante e dai delicati profumi dei fiori che, di tanto in tanto, si percepivano mentre giravo qua e là per la mostra. Mirando e rimirando, mi è piaciuto parecchio vedere anche molti esemplari montati su zattera. Anche in questo caso, i soci più esperti mi hanno sfatato un mito, ossia il fatto che la coltivazione senza vaso è possibile anche per chi, come me, non dispone di alcuna serra.

Non lo avessero mai detto! Questo mi ha fatto frullare subito parecchie idee. A casa, infatti, da qualche parte, dei pezzi di sughero li avevo – dovevo solo ricordarmi dove fossero – così come avevo qualche doppione di Oncidium, una specie che, da quanto ho appreso, ben si presta a questo tipo di coltivazione. La domenica sera, elettrizzato da questo stimolo ed incurante del fatto che non fosse il periodo più adatto per lavorare una pianta, ne ho preparate subito due. A distanza di un paio di mesi devo dire che le piante paiono in buona salute. Il problema che ho incontrato, piuttosto, è stato, invece, un altro, molto più complicato da gestire, ossia mia mamma che, da allora, continuamente brontola perché ho sistemato queste orchidee sullo stenditoio sopra la vasca da bagno. Nelle mie letture e nel confronto con altri appassionati non ho ancora trovato dei validi consigli su come far “rassegnare” chi mi sta attorno e non condivide con me questa mia passione. Magari l’argomento potrebbe essere oggetto di approfondimento in un prossimo corso …

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“Ho visto dal vivo come sono fatte le Phalaenopsis botaniche e molte altre piante”

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“Pregevole la partecipazione di coltivatori italiani e stranieri”

[/spb_icon_box] [spb_text_block title=”Saluti finali” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Vi è un’ultima cosa che ho apprezzato davvero moltissimo su cui vorrei soffermarmi prima di salutarvi.
Mi è piaciuto parecchio il clima che ha accompagnato la manifestazione ed, in particolare, il fatto che i soci di più vecchia data hanno coinvolto anche chi, come me, si è avvicinato da poco all’ALAO.
Ho colto molto volentieri questo invito buttandomi e dando la disponibilità a presenziare una mezza giornata al punto informativo che era stato allestito. Il contributo che ho potuto offrire, per il mio livello, è stato quello che è stato. Solo il fatto di sentirmi parte di un gruppo di appassionati mi ha fatto, però, gustare la mostra in modo particolare.

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