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Riassunto: Webinar organizzato dall’Associazione Lombarda Amatori Orchidee il 17 aprile 2021. Marco Toffoletti, titolare di Piante Pazze, presenta una panoramica delle principali specie di orchidee da clima temperato che vivono in ambiente palustre, corredandola da dettagliate informazioni di coltivazione.

Abstract: Webinar organized by the Associazione Lombarda Amatori Orchidee on 17 April 2021. Marco Toffoletti, owner of Piante Pazze, gives an overview of the main orchid species native to temperate climate zones living in marshy environments, accompanied by detailed cultivation information.

Le Orchidaceae sono una famiglia di piante diffuse in tutto il mondo con circa 30.000 specie, racchiuse in circa 800 generi.
È la seconda famiglia di piante più diffusa dopo quella delle Asteracee.
Le orchidee che alle nostre latitudini chiamiamo da esterno o da giardino sono le orchidee originarie dei climi temperati e, nonostante l’ampia superficie coperta, occupano circa il 20% del totale delle specie esistenti. Le orchidee si suddividono in epifite (che vivono appoggiate su altre piante), terrestri (che vivono in terra) e litofite (che vivono appoggiate sulle rocce). Le orchidee da clima temperato sono per la quasi totalità piante terrestri e per lo più vengono definite geofite (la cui gemma cresce in posizione sotterranea e che perdono la parte aerea nel periodo freddo).
Nella cartina di diffusione delle orchidee nel mondo, in verde scuro troviamo tutto l’areale delle orchidee. Restano fuori gli estremi, dove si trovano i ghiacci dei Poli. In verde chiaro sono evidenziate le aree in cui vivono le orchidee da esterno, originarie dei climi temperati.

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MARCO TOFFOLETTI

Diplomato geometra, da sempre è un amante della natura in tutte le sue forme. Appassionato171758190_500523491127366_3722175047851189540_n coltivatore di orchidee da quindici anni, nel frattempo ha sviluppato la passione per la fotografia delle orchidee spontanee. Durante il lockdown ha aperto un’azienda specializzata nella vendita di orchidee rustiche da esterno.

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Le orchidee da clima temperato sono formate generalmente da tre parti: parte ipogea, colletto e parte epigea. La parte ipogea è formata dalle radici che partono da organi sotterranei di diversa natura, che possono essere rizotuberi, rizomi, bulbi o pseudobulbi. Il colletto è la porzione di fusto a contatto col suolo; la parte epigea infine è formata generalmente dal fusto, dalle foglie e dall’infiorescenza.
Poiché queste orchidee vivono in climi dalle stagioni marcate, il loro ciclo vegetativo si è adattato alle differenze di temperature che ci sono nel corso dell’anno. Il ciclo vegetativo ha una leggera variabilità tra le varie specie: la fase più evidente, che quasi tutte presentano, è la quiescenza invernale in cui la maggior parte delle specie secca completamente la parte epigea della pianta in autunno, per poi ripartire con la nuova crescita in primavera. Alcune invece anticipano la quiescenza all’estate e successivamente, in autunno, producono i nuovi getti o le nuove foglie che rallenteranno la loro crescita durante l’inverno, rientrando in quiescenza, per poi riprendere a crescere definitivamente in primavera.
Gli ambienti in cui crescono le orchidee nel clima temperato sono svariati, in ogni caso necessitano prevalentemente di aree non antropizzate in quanto poco tollerano un terreno che subisce lavorazioni e spesso sono poco adattabili ai cambiamenti. In genere si possono trovare in prati magri, sottoboschi, pinete, ghiaioni montani, paludi e prati umidi. Di seguito tratteremo nello specifico delle orchidee di questi ultimi due ambienti.
Le orchidee terricole sono piante che necessitano della stabilità dell’ambiente e delle sue caratteristiche e, vista la continua espansione dell’attività umana, molte si avvicinano al rischio estinzione.
Uno dei motivi principali del calo numerico delle orchidee terricole è la riduzione degli ambienti dovuta a vari fattori: coltivazioni intensive, bonifica degli ambienti palustri, espansione dell’urbanizzazione, espansione boschiva. Uno degli ultimi rifugi integri è la montagna. Un motivo secondario è la raccolta: nelle nostre zone gli
abusi risultano essere saltuari anche grazie alle normative e alla sensibilizzazione, ma nei paesi asiatici, soprattutto nel recente passato, la raccolta indiscriminata ha messo a serio rischio alcune specie.

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Pecteilis radiata

È comunemente denominata Habenaria radiata o “orchidea airone”.
Le Pecteilis costituiscono un genere comprendente otto specie.
Pecteilis deriva probabilmente dal greco latinizzato πεκτεῖν, “pektéin”, che significa “tagliare, tosare”, in riferimento alle caratteristiche estremità laterali del labello. La Pecteilis radiata è un’orchidea di palude di origine asiatica, diffusa tra la Cina nord-occidentale, la Russia, la Corea, il Giappone e l’arcipelago malese. È ormai diventata molto rara in natura. Gli ultimi ambienti in cui è presente sono le paludi montane dai 500 fino ai 1500 m s.l.m.
La Pecteilis radiata è una orchidea terricola e decidua. La parte epigea secca in autunno, i bulbi permangono in quiescenza sotto terra per poi germogliare con l’arrivo della primavera e fiorire in estate, verso luglio. La struttura è esile e le foglie crescono per circa 10- 15 cm. Lo stelo florale si alza maggiormente e può arrivare anche a una altezza di 30 cm. I fiori hanno una larghezza di circa 3 cm.
La riproduzione avviene per seme, ma più facilmente mediante la duplicazione di nuovi bulbi che si formano dalle radici anche a distanza dalla pianta madre.
Ogni coltivatore ha una soluzione diversa per la composizione del substrato di coltivazione. Io la coltivo con successo da 12 anni in una miscela di torba leggermente acida e perlite al 60% con correzione di sabbia. Necessita di bassi valori nutrizionali, quindi non serve concimare. Il pH del substrato deve essere leggermente acido: un valore di circa 6 è ottimale. Gradisce il sole, ma può essere il caso di ombreggiarla parzialmente nei periodi estivi più caldi. In inverno sopporta temperature ben inferiori allo zero; da me ha superato senza problemi inverni con minime intorno a -10 °C. Nell’eventualità di forti gelate consiglio di tenerla nei pressi dell’abitazione e di non bagnarla nei giorni precedenti. Va mantenuta leggermente umida in inverno; con l’arrivo della primavera possono essere gradualmente aumentate le innaffiature fino a che, con l’arrivo del caldo e con la pianta già germogliata, si può porre il vaso in un sottovaso colmo d’acqua; questo fino a che la pianta non inizia a deperire, alla fine dell’estate, quando verrà attuato il procedimento inverso.
Questa orchidea è coltivata in Giappone da parecchi anni dove è una delle orchidee più famose e viene chiamata sagisō (鷺草 o サギソウ), “orchidea airone”, per la forma del fiore che ricorda l’airone o la garzetta in volo. In natura tendenzialmente produce un solo fiore per stelo, invece in coltivazione ne fa 2-3, perché molto probabilmente in natura è in concorrenza con le altre piante presenti.

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Epipactis palustris

È comunemente denominata “elleborina palustre”. Le Epipactis costituiscono un genere che comprende circa 50 specie. Queste sono diffuse tra l’Asia, l’Africa settentrionale, l’Europa e l’America del Nord. Sebbene il nome Epipactis sia di origine greca, l’etimologia esatta non è chiara.
L’Epipactis palustris è un’orchidea di palude di origine euroasiatica con diffusione nell’Europa centrale, in Russia, in Turchia, in Kazakistan, in Mongolia, in Cina ed è ben diffusa anche in Italia. Nonostante la riduzione degli ambienti, ha un ampio areale di diffusione e riesce a costituire folte colonie, grazie alla sua facilità riproduttiva.
Vive all’interno di prati umidi o paludi dal livello del mare fino a oltre 2000 m di altitudine.
L’Epipactis palustris è una orchidea terricola e decidua: la parte epigea secca in autunno; in inverno i rizomi permangono in quiescenza sotto terra per poi rigermogliare con l’arrivo della primavera e fiorire in estate, verso il mese di giugno. Dopo la fioritura i rizomi continuano la crescita sotto terra, creando le basi da cui partiranno i nuovi getti l’anno seguente. La pianta può arrivare anche a un’altezza di 70 cm. I fiori hanno una larghezza di circa 2-3 cm e possono essercene fino a 25 sul medesimo stelo. La riproduzione avviene per seme, ma soprattutto mediante la crescita dei rizomi che formano spesso agglomerati di piante tra loro ravvicinate.
Il substrato preferito è di tipo calcareo o calcareo-siliceo. Io la coltivo in torba leggermente acida, sabbia, pomice e perlite. Necessita di bassi valori nutrizionali. Il pH deve essere alcalino, a un valore di circa 8, sebbene sia stata eccezionalmente ritrovata anche in terreni leggermente acidi. Necessita di sole abbondante, ma può essere il caso di ombreggiarla parzialmente nei periodi estivi più caldi. In inverno sopporta temperature ben inferiori allo zero: si pensa che possa affrontare senza problemi temperature inferiori ai -10 °C. Va mantenuta tendenzialmente umida in inverno; con l’arrivo della primavera le innaffiature possono essere gradualmente aumentate fino a che, con l’arrivo del caldo e con la pianta già germogliata, si può porre il vaso in un sottovaso colmo d’acqua. Questo fino al momento in cui la pianta inizia a deperire, alla fine dell’estate, quando verrà attuato il procedimento inverso.

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Dactylorhiza majalis subsp. purpurella

È comunemente denominata northern marsh orchid, “orchidea di palude del Nord”. Le Dactylorhiza costituiscono uno dei generi più complessi da distinguere, in quanto questo comprende circa 50 specie piuttosto simili tra loro, con una buona varietà di sottospecie e incroci naturali. Tutte le specie si trovano in Eurasia, a eccezione di due specie che sono originarie del Nord America. Il nome Dactylorhiza deriva dalle parole greche δάκτυλος, “dáktylos”, che significa dito, e da ῥίζα, “rhíza”, che significa radice, in riferimento alla forma molto particolare del rizotubero.
La Dactylorhiza majalis subsp. purpurella è un’orchidea di palude o prati umidi di origine nordeuropea, che si trova nell’Inghilterra e nell’Irlanda settentrionali, in Danimarca e sulla costa occidentale della Norvegia. L’areale di diffusione non è molto ampio, ma questa orchidea riesce a mantenersi in discreto numero. Vive all’interno di prati umidi o paludi dal livello del mare fino ai 600 m di altitudine.
La Dactylorhiza majalis subsp. purpurella è una orchidea terricola e decidua. La parte epigea secca in autunno; in inverno permangono in quiescenza sotto terra i bulbi che produrranno la nuova pianta con l’arrivo della primavera. Fiorirà in estate verso il mese di giugno. La pianta può arrivare anche a un’altezza di 40 cm. I fiori hanno una larghezza di circa 1-2 cm e possono essercene molti sul medesimo stelo. La riproduzione avviene per seme, ma soprattutto mediante la duplicazione dei bulbi. Per questo motivo forma spesso agglomerati di piante tra loro ravvicinate.
Il substrato preferito è di tipo calcareo o calcareo-siliceo. Io la coltivo in torba leggermente acida, humus, sabbia, pomice e perlite.
Non richiede alti valori nutrizionali. Il pH ideale è di circa 7,5, ma si adatta a terreni neutri o leggermente alcalini. Necessita di sole abbondante, ma può essere il caso di ombreggiarla parzialmente nei periodi estivi più caldi. In inverno sopporta temperature ben inferiori allo zero. Si pensa che possa affrontare senza problemi temperature inferiori ai -10 °C. Va mantenuta leggermente umida in inverno; con l’arrivo della primavera possono essere gradualmente aumentate le innaffiature, che diventeranno abbondanti con l’estate.
Quando la pianta inizia a deperire verrà attuato il procedimento inverso.
La maggior caratteristica di questa specie, a cui la fotografia non rende giustizia, è l’accesa colorazione porpora, che è il dettaglio piùsemplice anche per distinguerla dalle altre specie. Dal colore deriva il nome purpurella della sottospecie.

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Spiranthes cernua

È comunemente denominata “treccia di donna”. Le Spiranthes costituiscono un genere che comprende più di 30 specie piuttosto simili tra loro, con alcune sottospecie e incroci naturali. Il genere è diffuso in buona parte del mondo, dal Nord Africa, all’Europa, all’Asia, alle Americhe, fino all’Australia e alla Nuova Guinea. In Italia sono presenti solamente due specie: la Spiranthes spiralis e la Spiranthes aestivalis. Il nome Spiranthes deriva dalle parole greche σπεῖρα, “spéira”, che significa “cosa ritorta, spirale”, e da ἄνθος, “ánthos”, che significa fiore, in riferimento alla tipica disposizione dei fiori sull’infiorescenza.
La Spiranthes cernua è un’orchidea di palude o prati umidi, originaria del Nord America orientale tra Stati Uniti e Canada.
L’areale di diffusione è piuttosto ampio e in buona parte di questo l’orchidea è abbastanza diffusa. Vive all’interno di prati umidi o paludi dal livello del mare fino ai 1800 m di altitudine.
La Spiranthes cernua è un’orchidea terricola con un ciclo biologico abbastanza particolare: fiorisce a fine estate tra agosto e settembre, dopo di che in autunno la pianta regredisce formando una rosa di foglie piuttosto piccola e compatta, pronta per affrontare l’inverno. Superato il periodo freddo, la Spiranthes cernua riprende la crescita fino a giungere alla fioritura successiva. Lo stelo florale può raggiungere anche un’altezza di 50 cm. I fiori sono piccoli e hanno una larghezza di circa 1 cm e possono essercene molti sul medesimo stelo. La riproduzione avviene anche per seme senza troppe difficoltà, ma è più comune mediante la crescita di nuove piante dalle radici, le quali tendono ad allungarsi in orizzontale e per questo motivo si possono trovare anche a discreta distanza dalla pianta madre, formando spesso agglomerati di piante tra loro ravvicinate.
Il substrato preferito è di tipo torboso. Io la coltivo in torba leggermente acida, perlite e sabbia. Non richiede alti valori nutrizionali, quindi non è necessario concimare. Il pH ideale è leggermente acido, tendenzialmente con valore 6. Gradisce il sole, ma nei periodi più caldi è meglio tenerla a mezz’ombra. In inverno sopporta temperature ben inferiori allo zero. Si pensa che possa affrontare senza problemi temperature inferiori ai -10 °C.
Va mantenuta leggermente umida in inverno; con l’arrivo della primavera possono essere gradualmente aumentate le innaffiature; durante l’estate può stare in un sottovaso con acqua. Quando la pianta inizia a deperire verrà attuato il procedimento inverso. La Spiranthes cernua è un’orchidea di facile coltivazione e non troppo difficile da riprodurre, interessante anche per l’anomalo periodo di fioritura a fine estate. Meglio coltivarla in contenitori larghi per favorire lo sviluppo delle radici e delle nuove piante.

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Pogonia ophioglossoides

La Pogonia costituisce un genere che comprende solo 6 specie. La Pogonia ophioglossoides è diffusa in Nord America mentre le altre specie si dividono tra Asia orientale e Oceania. Il nome Pogonia deriva dalla parola greca πώγων, “pógon”, che significa barba.
La Pogonia ophioglossoides è un’orchidea originaria del Nord America orientale tra Stati Uniti e Canada. L’areale di diffusione è piuttosto ampio e vede un’alta variazione climatica, in buona parte di esso la Pogonia ophioglossoides è piuttosto diffusa con colonie ampie. Vive all’interno di prati umidi, torbiere o paludi dal livello del mare fino ai 1100 m di altitudine.
La Pogonia ophioglossoides è una orchidea terricola e decidua; la parte epigea secca in autunno. In inverno i rizomi permangono in quiescenza sotto terra: produrranno le nuove piante con l’arrivo della primavera e fioriranno in estate verso il mese di giugno. La pianta può arrivare anche a un’altezza di 40 cm con una sola foglia situata circa a metà del fusto. I fiori hanno una larghezza di circa 2-3 cm e solitamente ce n’è uno solo per ogni stelo; raramente sono presenti in numero maggiore. La riproduzione avviene per seme, ma soprattutto mediante la produzione di nuovi rizomi che sono molto fini e formano spesso agglomerati di piante tra loro ravvicinate. img_3752
Il substrato preferito è di tipo torboso. Io la coltivo in torba leggermente acida con sfagno, perlite e sabbia, solitamente substrati poveri a livello nutrizionale. Variando le tipologie di substrato, ho notato che ha gradito percentuali di torba più elevate rispetto alla perlite. Il pH ideale è leggermente acido, tendenzialmente con valore 6. Gradisce il sole, ma nei periodi più caldi è meglio tenerla a mezz’ombra. In inverno sopporta temperature ben inferiori allo zero; può affrontare senza problemi temperature inferiori ai -10 °C.
Va mantenuta sempre umida anche in inverno; con l’arrivo della primavera possono essere gradualmente aumentate le innaffiature.
Già in primavera può stare in un sottovaso con acqua: è tra le orchidee che gradisce maggiormente l’immersione. Quando la pianta inizia a deperire verrà attuato il procedimento inverso.
La Pogonia ophioglossoides tende a produrre molti individui ravvicinati. Il fiore è privo di nettare, ma il labello sfrangiato ha al suo interno una folta peluria gialla che ne simula i granuli, attraendo così insetti del genere Bombus che, una volta entrati nel fiore, svolgeranno il loro compito restando però a bocca asciutta.

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Calopogon tuberosus

È comunemente denominata “orchidea erba rosa”. Le Calopogon costituiscono un genere che comprende solo 5 specie, affini tra loro, diffuse nella parte orientale del Nord America. Il nome Calopogon deriva dalle parole greche καλός, “kalòs”, che significa bello, e da πώγων, “pógon”, che significa barba.
Il Calopogon tuberosus è un’orchidea originaria del Nord America orientale tra Stati Uniti e Canada. L’areale di diffusione è condiviso con la Pogonia ophioglossoides e può capitare di trovarle vicine.
L’areale è piuttosto ampio e vede un’alta variazione climatica. Vive all’interno di prati umidi, torbiere o paludi dal livello del mare fino ai 1100 m di altitudine.
Il Calopogon tuberosus è una orchidea terricola e decidua; la parte epigea secca in autunno, mentre in inverno i rizomi permangono in quiescenza sotto terra e produrranno le nuove piante con l’arrivo della primavera andando a fiorire in estate, verso il mese di giugno.
La pianta può arrivare anche a un’altezza di 50 cm con una sola foglia. I fiori hanno una larghezza di circa 3 cm e solitamente ve ne sono tra i 2 e i 12 per ogni stelo. Il fiore è orientato al contrario rispetto alla struttura più comune nelle orchidee: il labello si trova in alto e la colonna in basso. La riproduzione avviene anche per Calopogon tuberosus seme, ma soprattutto mediante la produzione di nuovi rizomi, formando spesso agglomerati di piante tra loro ravvicinate.
Il substrato preferito è di tipo torboso-sabbioso. Io la coltivo in torba leggermente acida con sfagno, perlite e sabbia, solitamente substrati poveri a livello nutrizionale. Il pH ideale è leggermente acido, tendenzialmente con valore 6. Gradisce il sole, ma nei periodi più caldi è meglio tenerla a mezz’ombra. In inverno sopporta temperature ben inferiori allo zero e può affrontare senza problemi temperature inferiori ai -10 °C. Va mantenuta leggermente umida in inverno; con l’arrivo della primavera possono essere gradualmente aumentate le innaffiature; dall’estate va tenuta in un sottovaso con acqua. Quando la pianta inizia a deperire verrà attuato il procedimento inverso.
Il Calopogon tuberosus tende a produrre molti individui ravvicinati.
Come per la Pogonia ophioglossoides il fiore è privo di nettare ma il labello non resupinato espone una folta peluria gialla che ne simula i granuli: attrae così insetti di vari generi che, se sono abbastanza pesanti, una volta saliti sul labello, lo portano a oscillare verso il basso facendo cadere l’insetto stesso sulla colonna sottostante e impollinando così il fiore.

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