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Riassunto: Webinar organizzato dall’Associazione Lombarda Amatori Orchidee il 14 maggio 2021. Amalita Isaja e Lorenzo Dotti presentano la seconda edizione del libro Orchidee del Piemonte. Atlante e guida al riconoscimento, frutto delle personali ricerche sul campo degli autori e dei materiali forniti da vari appassionati di orchidee europee. Completano il libro le chiavi di riconoscimento delle orchidee piemontesi, basate sia sul confronto fra le specie in oggetto, sia sui caratteri più importanti per l’identificazione delle stesse.

Abstract: Webinar organised by the Associazione Lombarda Amatori Orchidee on 14 May 2021. Amalita Isaja and Lorenzo Dotti present the second edition of their book Orchidee del Piemonte. Atlante e guida al riconoscimento (Orchids of Piedmont. Atlas and recognition guide), which is the result of their own field research, and of materials provided by various European orchid lovers. The book is completed by the recognition keys for Piedmontese orchids, based both on the comparison between the species in question and on the most important characters for their identification.

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AMALITA ISAJA

Amalita Isaja, mediatrice culturale e divulgatrice scientifica, condivide con Lorenzo, da oltre trent’anni la

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passione, lo studio e la ricerca sul campo delle orchidee spontanee. È l’autrice di gran parte dei testi dei quattro volumi pubblicati con Lorenzo sull’argomento: Le orchidee spontanee della Val di Susa, Orchidee spontanee della Provincia di Asti e Orchidee del Piemonte. Atlante e guida al riconoscimento (1° e 2° edizione).

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LORENZO DOTTI
Lorenzo Dotti, autore del libro1167675_10152844981103312_6760439454023911833_o Orchidee del Piemonte. Atlante e guida al riconoscimento e altre pubblicazioni assieme ad Amalita, oltre a essere un grande appassionato, ricercatore, studioso ed esperto delle orchidee spontanee italiane è un pittore e illustratore naturalista molto conosciuto, nonchè docente di Disegno naturalistico presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

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Lorenzo Dotti e Amalita Isaja ci raccontano, con trasporto e passione, come sono arrivati alla realizzazione della seconda edizione del libro Orchidee del Piemonte. Atlante e guida al riconoscimento, frutto di più di trent’anni di osservazione delle orchidee native piemontesi. La loro passione era iniziata dieci anni prima durante l’osservazione e lo studio degli uccelli: erano in Val di Susa per realizzare un censimento ornitologico per redigere un atlante sugli uccelli nidificanti in Piemonte e durante questa esplorazione cadde loro l’occhio su una Ophrys. Quella piccola orchidea cambiò il loro mondo: hanno continuato a osservare uccelli, ma la loro passione si è trasformata e si sono dedicati pienamente alla ricerca di questi piccoli e unici gioielli dalla biologia molto complessa.
Dallo studio delle orchidee della Val di Susa è nata la loro prima pubblicazione, dedicata alle Orchidaceae di questa valle. Questo è stato il loro iniziale campo di studi per cercare di capire come sono fatte e per riconoscere le orchidee spontanee, per poi estendersi a tutta l’Italia e la Francia per capire quali informazioni potevano essere dedotte dalle altre popolazioni. I loro studi li hanno portati a valutare la possibilità di attivare un progetto mirato a livello regionale sulle orchidee piemontesi, il progetto Atlante, che ha portato dopo dieci anni di lavoro alla prima edizione del libro Orchidee del Piemonte. Atlante e guida al riconoscimento.
Dietro questo magnifico libro c’è un certosino lavoro di individuazione e riconoscimento; a supporto di tutto lo studio c’è anche un gruppo Facebook, “Orchidee piemontesi”, dove viene raccolta una grandissima mole di dati, grazie anche al sostegno di molti appassionati che aiutano a riconoscere e salvaguardare le orchidee locali.
Il gruppo, attivo dal 2012 e nato con il nome “Progetto atlante orchidee piemontesi”, ha proprio lo scopo primario di raccogliere informazioni, incentivando la partecipazione dei cittadini a questa iniziativa. Nel 2017 è stato pubblicato il primo volume, frutto dell’elaborazione di circa 17.000 elementi, confluiti negli anni nella banca dati della regione Piemonte. In seguito il gruppo ha continuato a raccogliere informazioni, assumendo un carattere divulgativo, con lo scopo di dare un supporto al riconoscimento e alla schedatura delle specie, oltre che alla valutazione dell’habitat e alla sua conservazione.

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Dopo quarant’anni da quell’incontro con un’orchidea spontaneabnella Val di Susa, la fiamma della passione è ancora accesa in Lorenzo e Amalita e li coinvolge tutto l’anno, da dicembre con le fioriture delle prime orchidee, per esempio alcune Ophrys o la Barlia robertiana, fino all’ottobre seguente con le Spiranthes, anche se la stagionalità talvolta è modificata dalle condizioni metereologiche.
Per esempio, nel 2021 finalmente è caduta un po’ di neve e ha fatto freddo: le fioriture invernali si sono così posticipate e i ricercatori hanno dovuto spostare le prime escursioni nel Piemonte meridionale tra febbraio e marzo. Di solito le prime Barlia robertiana fioriscono la febbraio, ma quest’anno hanno ritardato di circa un mese, perché la neve le ha schiacciate e il freddo le ha fermate, facendole ritardare un po’.
La passione ha coinvolto tanti cittadini: attualmente sono circa duecento i collaboratori che contribuiscono ad arricchire la banca dati delle orchidee spontanee della regione Piemonte. Nel gruppo ci sono professionisti e molti guardiaparchi che censiscono le orchidee geolocalizzandole: nulla è improvvisato. C’è inoltre il supporto della regione, che ha coinvolto alcuni dipendenti nell’inserimento di tutti i dati all’interno di un database, creato da Alberto Selvaggi e dall’IPLA (Istituto per le Piante da Legno e per l’Ambiente).
Questo lavoro di ricerca sulle orchidee ha portato alla consultazione e alla revisione di bibliografia, foto, immagini e moltissimi dati già presenti in molti erbari, primo fra tutti l’Erbario pedemontano, conservato presso l’Orto botanico di Torino e di importanza internazionale. Per la realizzazione di questo progetto è stata fondamentale la ricerca sul campo, cercando di individuare i luoghi meno conosciuti: è necessario studiare l’ambiente, vivendo sul posto per parecchi giorni per raccogliere e catalogare il maggior numero di dati possibili nel più breve tempo possibile. L’impegno è molto gravoso, dato che il Piemonte presenta una grandissima diffusione di Orchidaceae in un territorio molto vasto (è la seconda regione italiana, dopo la Sicilia, per estensione). Fatto salvo per la porzione di Pianura Padana, il territorio si snoda tra piccole valli, zone collinari e montane, con territori vastissimi e molto complessi. Ci sono molte valli da esplorare, come per esempio le piccole valli appenino-liguri e piemontesi a volte molto impervie.

Le orchidee
Tra la prima e la seconda edizione sono passati quattro anni e in questo lasso di tempo, grazie alle ricerche sul campo di appassionati, di studiosi e botanici, sono state attestate 5 nuove specie, la cui comparsa è dovuta anche al cambiamento climatico. Quest’ultimo provoca variazioni importanti nell’habitat: le piante alpine si spostano sempre più in alto per trovare lo zero termico, restringendo il loro areale di distribuzione, mentre le Orchidaceae mediterranee guadagnano terreno nei colli più bassi tra Piemonte e Liguria, colonizzando zone come il Monferrato e l’Appennino e arrivando fino ai settori prealpini.

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NOTA
In questo articolo non è usata la classificazione della World Checklist of Selected Plant Families (WCSP) dei Kew Gardens, cui ci atteniamo su ORCHIS, bensì quella pubblicata in F. Bartolucci et al., An updated checklist of the vascular flora native to Italy, «Plant Biosystems. An International Journal Dealing with all Aspects of Plant Biology», vol. 152, n° 2, pp. 179-303.

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Attualmente in Piemonte si conoscono circa 90 tra specie e sottospecie di orchidee: è un buon numero dovuto al fatto che la regione è molto particolare. Infatti, l’ultimo bollettino di censimento delle piante in Italia assegna al Piemonte il primato italiano per numero di specie, grazie al suo mosaico ambientale ricchissimo, con grandi varietà di climi: dalle montagne, alte fino a 2000 metri, alle pianure, al clima mediterraneo dovuto alla pochissima distanza dal mare.
Tutto questo permette di avere una grandissima varietà di endemismi, soprattutto nella zona meridionale. Tra le circa 90 specie di orchidee descritte sono comprese quelle artico-alpine e glaciali come la Chamorchis alpina, una piccola orchidea tipica dell’alta montagna, e specie mediterranee o stenomediterranee, come la Barlia robertiana e tantissime specie di Ophrys.
Solo preservando l’habitat si preservano anche le piante che vivono al suo interno, come le orchidee. Queste posso scomparire, tornare e occupare nuove aree; sono piante pioniere, ma il loro habitat non può ricostruirsi dopo la distruzione e deve essere adeguatamente protetto. Il grande sforzo che deve essere fatto è la conservazione: questo è lo scopo primario di questo Atlante. Nel libro vengono proposti anche degli itinerari per sensibilizzare alla preservazione dell’habitat, fondamentale per mantenere l’equilibro di questi luoghi.
Ora vediamo nel dettaglio la modifica dell’areale della Barlia robertiana, cos’è successo in Piemonte ma anche in tutta Europa e come questa specie, legata alla zona stenomediterranea e all’areale dell’olivo (fondamentale per tutte le specie che appartengono alla flora stenomediterranea) abbia ampliato il suo habitat. Questa orchidea, nella sua avanzata, è arrivata in Olanda (è presente anche in Inghilterra, ma questa presenza non può essere presa in considerazione come attestazione stabile in natura perché è dovuta all’importazione
da parte di un vivaio); ultimamente si muove verso l’Europa orientale. È un’avanzata pazzesca che non è tipica delle orchidee. Questo tipo di invasioni sono segnalate normalmente per altre specie come per esempio gli uccelli. La Barlia robertina sta colonizzando aree più settentrionali perché il clima sta cambiando: per esempio, in Piemonte negli ultimi sessant’anni c’è stato un innalzamento di 2,5 °C delle temperature (fonte ARPA: http://relazione.ambiente.piemonte.it/2021/it/clima/stato/temperature) più marcato soprattutto nelle zone alpine. Questo è sicuramente il fattore scatenante, ma va sottolineato che questa specie è molto adattabile, ha una plasticità relativa agli ambienti e soprattutto agli impollinatori. Per la diffusione delle orchidee è fondamentale che queste possano coesistere con i loro insetti impollinatori e questa specie ne ha diversi, come i bombi, tutti i tipi di apidi e alcuni coleotteri; quindi è di più facile propagazione. Le orchidee più specializzate, legate a specifici insetti impollinatori, faticano maggiormente
a diffondersi. I canali che la Barlia robertiana ha utilizzato per arrivare in Piemonte sono i due passi più bassi del Piemonte, che mettono in collegamento la regione con la Liguria: il passo del Turchino e il passo dei Giovi. Attraverso questi passi i semi piccolissimi delle orchidee, trasportati dal vento, si diffondono, utilizzando gli stessi corridoi che utilizzano gli animali (per esempio il lupo ha fatto lo stesso percorso per arrivare circa trent’anni fa nei territori alpini). Quindi di fatto le specie utilizzano in un modo o nell’altro gli stessi corridoi ecologici per colonizzare nuovi territori.
C’è anche una nuova segnalazione in Piemonte, forse è una delle Ophrys più belle in assoluto, a parere degli autori, e anch’essa è una specie legata al bacino mediterraneo: si tratta dell’Ophrys speculum, caratterizzata da una macchia sul labello, che sembra riflettere la luce quasi come uno specchio, violetta, metallizzata e molto vistosa.
È stata segnalata una pianta nel giardino di una signora nel comune di Gavi (Alessandria), nata spontaneamente. La carta della distribuzione di questa orchidea ci mostra che è legata a un ambiente caldo: si trova in Marocco, in Tunisia, in Spagna, nel Sud della Francia, in Sardegna, in Sicilia, in Italia meridionale fino in Puglia, in Grecia e in Turchia. Poi abbiamo due ritrovamenti più a nord: quello di Gavi e un altro lungo la valle del Rodano in Francia.

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Guida e atlante
Per la prima volta si è voluto unire nella stessa pubblicazione una guida e un atlante. Una guida al riconoscimento può risultare talvolta complicata, in quanto alcuni generi sono difficili da riconoscere, ma usando dei simboli ricorrenti, una grafica di facile interpretazione e delle parole chiave si è cercato di facilitare questa attività.
L’atlante è quel documento che tutti gli studiosi e i naturalisti conoscono, ovvero una visualizzazione grafica della diffusione di una specie sul territorio mediante simboli, che non sono buttati lì a caso, ovviamente, ma sono generati con software specifici; in questo caso, la regione è stata suddivisa in quadrati grandi 10×10 km e ogni pallino corrisponde a una o a gruppi di stazioni localizzate all’interno di quel quadrante. Naturalmente ci sarebbe la possibilità di realizzare anche una carta puntuale, ma sarebbe una massa di puntini difficilmente comprensibili; il sistema adottato invece permette a chi trova delle specie di verificare se nell’atlante queste sono già indicate nella propria zona e, in caso contrario, può segnalarne la presenza per permettere il continuo aggiornamento delle carte (quelle che ci sono sul libro infatti sono già superate).
Come detto da Amalita Isaja, grazie al lavoro continuo degli appassionati del gruppo di Facebook arrivano decine di segnalazioni con l’indicazione di stazioni in diverse nuove zone e aree nel Piemonte, nonostante la regione sia battuta da molti botanici proprio per l’interesse suscitato dalla presenza di moltissime piante alpine e mediterranee. Quindi non solo la Barlia robertiana, ma anche altre specie sono in aumento all’interno della regione a causa di una nuova situazione climatica che permette la loro presenza in aree nuove, dove prima non c’erano. La copertina del libro riproduce proprio la Barlia robertiana, una pianta molto grande che sfiora il metro di altezza, vistosissima, che in Piemonte fiorisce a marzo ed è a rischio per molteplici fattori.
Ogni specie è presentata nel volume da una scheda monografica a doppia pagina, che porta sulla sinistra la descrizione della pianta con in rosso i caratteri peculiari, che servono per riconoscere l’orchidea con più facilità e differenziarla da altre specie simili. Sempre a sinistra è presente un disegno realizzato da Lorenzo Dotti che rappresenta la pianta. A destra c’è la carta aggiornata a marzo 2021 e tre foto della specie in esame: una della pianta intera, perché è importante la morfologia nel suo insieme, e le altre due relative a dettagli del fiore e del suo portamento. All’interno del testo troviamo non solo la descrizione della specie, ma anche alcune note sulla diffusione regionale, che raccontano l’evoluzione o l’involuzione della specie nel territorio. Infatti sulla carta troviamo altri simboli, oltre ai pallini rossi, come per esempio triangoli neri relativi a dati storici precedenti al 2000, desunti da esemplari d’erbario o dalla bibliografia.
Quasi tutte le carte tagliano il Piemonte a metà in senso longitudinale, infatti il Nord del Piemonte è infinitamente meno ricco del Sud. Le zone più ricche di orchidee sono nella provincia di Asti, l’Alta Langa e l’Alessandrino, dove vi sono praterie aride con bellissime fioriture. Questo perché quasi tutte le specie di orchidee sono legate al substrato calcareo che è presente nelle zone meridionali del Piemonte, mentre nella parte settentrionale i terreni sono molto più acidi e quindi moltissime specie di orchidee non riescono a crescere, anche a causa del clima più rigido. Per esempio solo una specie di Ophrys, l’insectifera, si trova a nord; tutte le altre Ophrys, che sono tantissime in Piemonte, sono presenti a sud del fiume Po.
Le Ophrys hanno un sistema di impollinazione molto particolare: l’inganno sessuale. Hanno un labello vistoso con dei disegni e una pelosità tali da attirare i maschi di alcune specie di imenotteri, apidi e altri insetti. Questi vanno sul labello cercando di accoppiarsi; così facendo colpiscono la parte dove ci sono i pollinodi contenenti il pollinio che si stacca dal fiore e rimane incollato sull’insetto, il quale, volando via, passando da fiore a fiore, praticherà l’impollinazione incrociata.

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Le Ophrys non solo hanno il labello che simula un insetto, ma producono anche una combinazione di sostanze chimiche che imita i feromoni e attraggono così i maschi di bombi, api selvatiche, vespe e altri insetti. È un mondo davvero affascinante e incredibile, che non finisce mai di stupire. Una delle nuove specie osservate negli ultimi dieci anni è la Ophrys santonica, di cui prima non si conosceva l’esistenza in Piemonte. Oggi invece sono molti i dati su questa pianta, una piccola orchidea a fioritura tardiva, ovvero che inizia a fiorire a inizio giugno e prosegue fino a fine luglio, al contrario delle altre che iniziano a fiorire da metà febbraio fino a metà maggio.
Nel libro ci sono tante tavole originali realizzate da Lorenzo Dotti a supporto delle spiegazioni delle specie, già presenti nella prima edizione, arricchite nella seconda: per esempio è stata aggiunta la tavola della Serapias cordigera, specie molto rara in Piemonte, presente solo in pochi esemplari nel Sud della regione. Altra cosa interessante: nel libro ci sono delle pagine contenti delle chiavi che rappresentano graficamente le specie suddivise in base al genere di appartenenza, sottolineando i caratteri che sono più utili alla loro identificazione e mettendole a confronto. Per esempio, l’Orchis purpurea e l’Orchis militaris sono molto affini come caratteristiche morfologiche e queste schede aiutano a distinguere le due specie mettendo a confronto i caratteri distintivi. Un altro gruppo molto complesso sono le Dactylorhiza, quasi tutte specie alpine.
Vivono nelle zone più devastate dall’uomo: gli alpeggi e le zone umide, mentre in pianura sono quasi completamente scomparse. Le Dactylorhiza vengono impollinate anche da grandi farfalle il cui ruolo è fondamentale per la riproduzione. Purtroppo le farfalle sono tutte minacciate, soprattutto quelle legate alle zone umide o alle praterie aride. Esiste una rete ecologica complessa intorno a un singolo fiore di orchidea, per questo è importantissimo mantenere l’habitat e la rete ecologica che lega insieme piante e insetti senza i quali non sarebbe più possibile la diffusione delle stesse piante.

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Gli ambienti
Gli ambienti migliori per l’osservazione delle orchidacee in Piemonte sono sostanzialmente due: le zone umide e le praterie aride.
Queste ultime sono praterie termofile, presenti non solo nel sud del Piemonte, ma anche in Val di Susa, le famose oasi xerotermiche, zone vallive sotto il Rocciamelone, montagna alta più di 3500 metri, ai cui piedi troviamo una vegetazione simile a quella della Sardegna. È un ambiente unico, con la presenza di piante come il leccio e la lavanda, nonché di animali come l’occhiocotto, un piccolo passeriforme dalla testa nera e l’occhio di color rosso mattone, il passero solitario, ma anche farfalle e invertebrati particolari come la Saga pedo, una grossa cavalletta lunga oltre 10 cm, tutti tipici abitanti della macchia mediterranea.
Nell’Atlante troviamo una carrellata delle specie tipiche delle praterie aride come le Ophrys: in Piemonte ce ne sono diverse specie, che si possono ammirare in queste aree, come l’Ophrys bertolonii con una presenza abbastanza limitata in alcune aree ma più diffusa nell’Alessandrino e nelle zone di confine con la Liguria, come il Tortonese. Un’altra specie è l’Ophrys aranifera, che recentemente ha ripreso il vecchio nome di Ophrys sphegodes (la tassonomia si aggiorna in continuazione).
I prati umidi e le torbiere sono altri ambienti importanti delle regioni alpine, dove si possono osservare tantissime orchidee legate a questi habitat. L’Anacamptis laxiflora è l’unica specie che vegeta in ambiente umido ma in aree di pianura, con pochissime stazioni in Piemonte. Quest’anno si è avuta la bella sorpresa di nuove e ricche stazioni in provincia di Asti, dove era segnalata storicamente con pochissimi esemplari. Ultimamente un collaboratore ha segnalato una stazione con oltre 200 esemplari di questa specie nelle zone umide di pianura, specialmente praterie con molinieti (chiamati così per la presenza estensiva di un particolare genere di Poaceae, Praterie aride la Molinia, prezioso indicatore ecologico), dove possiamo trovare un’altra pianta rarissima, che non è un’orchidacea, il gladiolo palustre (Gladiolus palustris). Ogni anno durante il mese di giugno questi prati verdi di fondovalle verso la Liguria diventano un mare rosa grazie alla fioritura contemporanea di queste due piante.
Le specie legate ai prati umidi montani sono le Dactylorhiza, di cui sono presenti diverse specie in Piemonte compresa una specie nuova per l’Italia, scoperta dagli autori nel 2009.

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Vagando per le valli del Cuneese si sono imbattuti in questa Dactylorhiza strana, diversa da tutte quelle viste fino a quel momento. Grazie a degli amici appassionati orchidofili francesi si è capito che questa Dactylorhiza era riconducibile a una specie che vive a differenza di altre su terreni molto acidi nella zona della Savoia, in Francia, donde il nome di Dactylorhiza savogiensis. Grazie alla carta geologica della regione Piemonte, gli autori sono riusciti a ritrovarla all’interno di tutte le torbiere acide del Piemonte, fino alla val d’Ossola e alla val Formazza.
Nel giro di 5-6 anni, durante il mese di luglio, i volontari aderenti a questo progetto hanno battuto gran parte dell’arco alpino piemontese per ritrovare questa bellissima orchidacea. Ma se vi capita di visitare torbiere umide, sia in quota, sia in pianura è facile trovare la sua non meno bella cugina Dactylorhiza majalis.
Nella parte finale, dopo le 84 schede monografiche, il libro si dedica a una serie di itinerari che sono stati costruiti cercando di regalare emozioni, alla scoperta del Piemonte e dei diversi ambienti in cui si possono osservare le orchidee spontanee. Alcuni itinerari sono dedicati alle torbiere e alle zone umide alpine: nel Cuneese, sul Becco Alto d’Ischiator, nel Piemonte meridionale, troviamo prati umidi estesissimi, dove tra la fine di giugno e l’inizio di luglio possiamo godere di fioriture spettacolari. Gli itinerari sono organizzati in modo semplice: c’è una cartina che evidenzia l’area interessata, il periodo ottimale in cui percorrerlo e una serie di numeri che lungo gli itinerari evidenziano le postazioni più interessanti da vedere. Tra gli itinerari comprendenti le aree protette troviamo quelli dei parchi delle Alpi Cozie, che comprendono il Parco naturale della val Troncea e il Parco naturale Orsiera-Rocciavrè, che include bellissime valli alpine come la Val di Susa, la parte alta della val Chisone, la valle Germanasca.
Siamo certi che in un prossimo futuro incontreremo di nuovo questo bellissimo progetto di ricerca, che continuerà a crescere e aggiornarsi nel tempo.

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PER SAPERNE DI PIÙ
Lorenzo Dotti, illustratore naturalista 00(https://lorenzodottisketcher.blogspot.com/) è autore, insieme ad Amalita Isaja, del libro Orchidee del Piemonte. Atlante e guida al riconoscimento, Edizioni Boreali,
2021.

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