[blank_spacer height=”10px” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”2/3″ el_position=”first”]

Marco Malacarne ci introduce alla prima parte del mondo delle hardy orchids, tutte quelle orchidee che alternano un periodo di crescita a una stagione di dormienza nel suolo con perdita della vegetazione epigea. Vengono inoltre fornite note di coltivazione personali di queste affascinanti piante. 

Le Orchidaceae sono presenti in tutti i continenti, a eccezione dell’Antartide: il continente europeo ospita un gran numero di specie appartenenti a questa vastissima famiglia. A differenza dei paesi tropicali, in Europa, come anche nelle altre zone temperate, non sono presenti orchidee epifite, ma solamente terricole. Le specie terricole si sono adattate a sopportare inverni freddi e umidi ed estati torride e aride, poiché possono andare in riposo per superare il periodo più ostile. Al termine della stagione di crescita, che nel nostro specifico caso corrisponde quasi sempre all’inverno, la pianta si “rifugia” sotto terra formando uno o più bulbi dai quali, nella successiva stagione mite, emergeranno nuove radici, foglie e fiori. 

Le orchidee europee si sono adattate a vivere in ogni tipo di ambiente presente nel nostro continente: dalla macchia mediterranea (Ophrys, Serapias e Anacamptis soprattutto) alle catene montuose del continente (Dactylorhiza, Cypripedium calceolus, Gymnadenia; la Chamorchis alpina arriva anche a 2700 metri). Alcune specie come l’Epipactis palustris e numerose specie di Dactylorhiza e Anacamptis hanno anche popolato i suoli sempre umidi e le paludi. 

In questa prima parte dell’articolo accennerò a una descrizione dei principali generi di orchidee europee a fioritura primaverile e parlerò delle tecniche di coltivazione che ho adottato per alcuni di questi.

 

[/spb_text_block] [spb_single_image image=”11103″ image_size=”medium” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″ el_position=”last”] [blank_spacer height=”10px” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_single_image image=”11102″ image_size=”medium” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/4″ el_position=”first”] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”2/3″ el_position=”last”]

La maggior parte delle specie di orchidee europee è concentrata nei paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, ma numerose sono anche le specie presenti sulle catene montuose del continente e alcune anche nei paesi del Nord Europa.

I generi presenti in Europa, attualmente riconosciuti dai Kew, sono i seguenti: Anacamptis, Cephalanthera, Chamorchis, Corallorhiza, Cypripedium, Dactylorhiza, Epipactis, Epipogium, Gennaria, Goodyera, Gymnadenia, Habenaria, Hammarbya, Herminium, Himantoglossum, Limodorum, Liparis, Malaxis, Neotinea, Neottia, Ophrys, Orchis, Platanthera, Pseudorchis, Serapias, Spiranthes, Traunsteinera.

Le orchidee europee sono piante pioniere che hanno bisogno di pochi nutrienti e hanno una scarsa concorrenza da parte di altre specie vegetali. Vedremo in seguito che si sono evolute “invertendo” il normale ciclo di crescita delle altre piante mediterranee: esse infatti crescono durante la stagione invernale e vanno in completo riposo in primavera.

Quasi tutte le specie europee non producono nettare, ma attraggono gli insetti impollinatori “ingannandoli” con argutissimi stratagemmi. Le

Ophrys sono sicuramente quelle che hanno raggiunto il meccanismo più sofisticato, ma vedremo che anche gli altri generi non sono da meno.

[/spb_text_block] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”11109″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”2/3″] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”last”] [spb_text_block title=”Ophrys” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Il genere Ophrys è stato istituito da Linneo nel 1753; a questo genere appartiene il maggior numero di specie, alcune delle quali sono tra le più spettacolari del continente. Questo genere contiene più di 200 specie diverse, ma si stima che potrebbero diventare facilmente anche 250 dato il recente interesse dei tassonomisti.

Le Ophrys sono maggiormente distribuite nei paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, ma alcune specie arrivano a colonizzare perfino la Scandinavia. Sono piante alte da poco più di 10 cm a oltre mezzo metro. Possiedono un bulbo sotterraneo dal quale si sviluppa il germoglio che darà origine alla rosetta fogliare e all’infiorescenza. Il bulbo si esaurisce con la formazione delle foglie; durante il periodo di crescita vengono generati uno o più bulbi nuovi che proseguiranno la vita della pianta. Sono piante a crescita invernale: a fine estate (almeno nei paesi con un inverno mite) emerge dal bulbo sotterraneo un germoglio; durante l’inverno si formano le foglie, disposte spesso a rosetta e molto vicine al terreno. Con l’aumentare delle temperature, si inizia a formare anche lo Ophrys a riposo scapo fiorale e si ha l’arresto della crescita delle foglie. La fioritura inizia, nei paesi con inverno mite, già a gennaio con l’Ophrys fusca. Durante la fioritura, le foglie gradualmente diventano gialle e muoiono; i nuovi bulbi sotterranei si formano invece a partire dal tardo inverno e maturano completamente al termine della fioritura. Dopo la fioritura e la maturazione delle eventuali capsule, la pianta secca e scompare, lasciando solo i nuovi bulbi che ricominceranno il ciclo di vita l’autunno successivo. Durante le estati aride e calde, la pianta riposa sotto terra per emergere con il calare delle temperature e l’aumentare delle piogge. Il ciclo di vita “invertito” rispetto alla maggior parte delle altre piante presenti nell’habitat circostante è un escamotage utilizzato dalla maggior parte delle orchidee europee per avere meno concorrenza nell’assimilare i nutrienti e nel ricevere il sole. Spesso infatti le foglie sono piccole e attaccare al terreno e, nella bella stagione, verrebbero facilmente sopraffatte e oscurate dall’erba circostante.

Le orchidee appartenenti a questo genere hanno sviluppato un modo molto ingegnoso per essere impollinate, senza dover produrre nettare per attrarre gli insetti impollinatori. Esse infatti hanno sviluppato un meccanismo di mimetismo sessuale per ingannare i maschi di moltissime specie di insetti, soprattutto api solitarie e vespe: il labello è modificato in modo da mimare l’addome di una femmina pronta per l’accoppiamento e spesso produce anche feromoni simili. Spesso il labello è anche ricoperto da peluria che serve per trattenere l’insetto il più possibile. Il maschio viene attratto dal labello (spesso molto colorato) dal quale stacca le masse polliniche dal fiore e le deposita su un altro durante un successivo tentativo di accoppiamento.

Ogni specie si è adattata per attrarre uno specifico insetto con una piccola variazione nei disegni presenti sul labello.

Sono comunque molto comuni i casi di ibridazione tra le varie specie di Ophrys che vivono nello stesso habitat e hanno periodi di fioritura sovrapposti. Spesso anche gli ibridi sono stabili e fertili: si ha quindi una successiva possibile ibridazione che spesso rende molto difficile stabilire il limite di discriminazione tra due specie e i loro ibridi.

Raramente, come per esempio nel caso dell’Ophrys apifera, alcune specie possono essere cleistogamiche: la pianta è in grado cioè di autoimpollinarsi senza il bisogno di un insetto. Purtroppo la cleistogamia porta a una sicura formazione di semi, ma data la scarsa variabilità genetica si ha spesso la formazione di piante con fiori deformi.

Attualmente coltivo le seguenti specie di Ophrys:

[/spb_text_block] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”11108″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”2/3″] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”last”] [spb_text_block title=”Anacamptis” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Il genere Anacamptis è stato istituito nel 1817 da Louis-Claude Marie Richard utilizzando come specie tipo l’Anacamptis pyramidalis. Al giorno d’oggi contiene tra le 10 e le 15 specie, molte delle quali sono state estratte dal genere Orchis all’inizio degli anni 2000. Le Anacamptis vengono distinte facilmente dalle Orchis osservando il fiore: nel genere Anacamptis i tre sepali sono fusi alla base.

Le orchidee appartenenti a questo genere occupano un areale che va dal Mediterraneo all’Asia centrale e preferiscono dei prati erbosi con depositi di calcare o gesso come habitat. Alcune Anacamptis si sono adattate invece per crescere in prati sempre umidi o paludi, come per esempio l’Anacamptis laxiflora, l’Anacamptis coriophora e l’Anacamptis palustris. Le Anacamptis non sono impollinate da una singola specie di insetto. Per esempio l’Anacamptis pyramidalis viene impollinata da un gran numero di farfalle. Questa specie è anche l’unica del genere che ha un fiore adattato all’impollinazione da parte delle farfalle: ha infatti uno sperone lungo e sottile (senza nettare) perfettamente adattato alla proboscide di questi insetti.

Le altre specie, tra cui l’Anacamptis morio vengono impollinate da molti insetti tra cui l’ape da miele. Le specie non producono nettare o profumi, ma ingannano gli insetti con il colore sgargiante e la forma del fiore che invita l’insetto a cercare il nettare nello sperone del fiore; durante l’infruttuosa ricerca l’insetto stacca le masse polliniche e le deposita su altri fiori che vengono così fecondati.

L’Anacamptis morio e le specie a lei affini fioriscono molto spesso in primavera sfruttando la scarsità di piante fiorite e la fame delle api per attrarre più impollinatori possibili.

Le Anacamptis, come le Ophrys, possiedono un tubero di forma ovoidale sotterraneo dal quale in autunno comincia a svilupparsi una rosetta di foglie. La fioritura inizia abbastanza precocemente nel caso dell’Anacamptis morio, che può fiorire già a febbraio, e si protrae fino a maggio-giugno con le specie più tardive come l’Anacamptis laxiflora, l’Anacamptis coriophora e l’Anacamptis sancta.

Sono noti ibridi tra varie specie dello stesso genere e anche ibridi intergenerici, come per esempio quelli con le Serapias.

Attualmente coltivo le seguenti specie e ibridi di Anacamptis:

 

 

[/spb_text_block] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”11107″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”2/3″] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”last”] [spb_text_block title=”Serapias” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Il genere Serapias è stato istituito da Linneo nel 1753 e contiene circa 25 specie di orchidee originarie principalmente del bacino del Mediterraneo. Le piante appartenenti a questo genere presentano fiori molto particolari a forma di casco e con un labello molto pronunciato a forma di lingua. Il colore predominate all’interno di questo genere è il rosso, anche se non è raro trovare esemplari di alcune specie albini. La distinzione tra le varie specie non è immediata, dato che i fiori hanno più o meno tutti la stessa forma e colore. Per distinguerle è necessario osservare attentamente dettagli del fiore come la forma e la misura dei petali e del labello o la presenza di callosità alla base di esso.  

Il ciclo di vita delle Serapias è praticamente identico a quello descritto per le Ophrys. Le Serapias si moltiplicano facilmente anche per via agamica: ogni pianta, quando in buona salute, genera infatti almeno 3 nuovi bulbi.

La strategia di impollinazione adattata dalle Serapias è diversa da quella descritta per i due generi sopra trattati: anche queste piante non producono nettare, hanno però sviluppato fiori in grado di offrire rifugio agli insetti. Gli insetti, principalmente api o coleotteri, vengono attratti dal coloreedallaformadelfio3reevitrovanorifugioperlanotteodu4rante le piogge. Durante la permanenza nel fiore l’insetto si imbratta con il polline che poi andrà a trasferire in un altro fiore, fecondandolo.

Sono noti anche allo stato selvatico, anche se rarissimi, ibridi tra Serapias e Anacamptis. In coltivazione sono stati sviluppati bellissimi ibridi tra i due generi.

Attualmente coltivo le seguenti specie e ibridi di Serapias:

 

[/spb_text_block] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”11106″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”2/3″] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”last”] [spb_text_block title=”Orchis” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Il genere Orchis comprende specie diffuse in Europa e nel Nord Africa. La maggior parte delle specie si è adattata a vivere in habitat mediterranei; alcune invece sono tipiche di climi più freddi (Orchis pallens).

Le piante appartenenti al genere Orchis si sviluppano da un tubero sotterraneo di forma ovoidale dal quale in autunno emerge una rosetta basale costituita da 2 fino a 9 foglie; al centro di questa si sviluppa lo stelo fiorale inguainato da due foglie cauline; in alcune specie le foglie possono essere maculate. I fiori, spesso molto numerosi, sono raggruppati in spighe e presentano sempre sepali di ugual dimensione, petali piccoli e il labello può essere o intero o diviso in tre lobi; in quasi tutte le specie i fiori sono dotati di sperone (privo quasi sempre di nettare). Le specie appartenenti a questo genere hanno fiori di colore tra il lilla e il viola, raramente giallo o bianco.

Gli insetti impollinatori appartengono alla famiglia delle api e vengono attratti dal colore dei fiori che mima il colore di altre piante che producono nettare. Alcune specie, come per esempio l’Orchis italica, emettono un gradevole profumo durante il giorno per attrarre ulteriormente gli impollinatori. Gli insetti si posano sul labello del fiore e si dirigono versolosperoneincercadelnettare.Durantelaricercadicibo,l’insetto stacca con la testa le masse polliniche e le deposita successivamente su un altro fiore, che viene fecondato.

Attualmente coltivo le seguenti specie:

[/spb_text_block] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”11105″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”2/3″] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”last”] [spb_text_block title=”Dactylorhiza” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Il genere Dactylorhiza comprende circa 60 specie che a prima vista sembrano molto simili tra di loro. La maggior parte delle specie è concentrata nell’Europa centro-settentrionale, ma alcune specie raggiungono il bacino del Mediterraneo e il Nord Africa; una specie è anche endemica dell’isola di Madeira.

L’identificazione può essere alquanto difficoltosa sia perché le distinzioni fra le varie specie non sono molto nette sia perché si ha un’enorme variabilità all’interno della stessa specie. Infine sono presenti molti ibridi naturali.

I tuberi delle piante appartenenti a questo genere sono quasi sempre appiattiti e palmati e profondamente divisi.

Le Dactylorhiza iniziano il loro ciclo vitale nel tardo inverno, quando emergono le gemme che sviluppano le foglie della rosetta basale; esse sono quasi sempre maculate. Le specie più precoci cominciano a fiorire ad aprile: dalla rosetta basale ancora in formazione si allunga uno stelo che porta numerosi fiori; alcune specie come Dactylorhiza foliosa fioriscono a giugno-luglio.

Il meccanismo di impollinazione utilizzato dalle Dactylorhiza è praticamente identico a quello utilizzato dalle Orchis. Anche le Dactylorhiza non producono nettare negli speroni dei fiori.

Molte Dactylorhiza vivono in luoghi umidi, alcune perfino in paludi o su rocce su cui scorre sempre acqua; altre come la comune Dactylorhiza fuchsii o la Dactylorhiza romana crescono su suoli più secchi, ma quasi sempre al riparo dalla luce diretta del sole.

Attualmente coltivo le seguenti specie:

 

[/spb_text_block] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”11104″ image_size=”large” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”2/3″] [blank_spacer height=”10px” width=”1/6″ el_position=”last”] [spb_text_block title=”COLTIVAZIONE” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

COLTIVAZIONE 

Al contrario di quanto si pensa, non è per niente difficile coltivare le orchidee europee; anzi per quanto mi riguarda si è rivelato molto molto

più facile del previsto e ho ottenuto ottimi risultati sia in termini di fioriture sia come riproduzione agamica delle piante.

Per prima cosa bisogna dire che non tutte le specie europee sono coltivabili: alcune sono strettamente dipendenti dai funghi simbionti, come per esempio molte Epipactis o il Limodorum abortivum; comunque il problema non si pone poiché queste specie non si trovano in commercio ED È VIETATO DALLA LEGGE RACCOGLIERE ED ESTIRPARE LE PIANTE IN NATURA. In Pianura Padana alcuni generi tipici dei climi più freddi sono molto difficili, se non impossibili, da coltivare: per esempio, ho sempre avuto pessimi risultati con i Cypripedium ibridi. Le piante appartenenti ai generi trattati in questo articolo sono invece facili da coltivare a patto che si conoscano le condizioni in cui vivono in natura, altrimenti si fallisce miseramente. Tutte le orchidee europee resistono perfettamente anche a qualche grado sotto zero, anche quelle originarie dei climi più caldi a patto che il substrato non trattenga troppa acqua e che ci sia un buon circolo d’aria. Io coltivo tutte le piante all’aperto tutto l’anno, addossandole a un muro esposto a sud durante il periodo più freddo. È importante riparare le piante dalle copiose piogge invernali tipiche del clima del Nord Italia altrimenti si rischia di perdere tutto a causa dei marciumi dei bulbi.

Ophrys, Orchis, Anacamptis e Serapias vanno piantate in un substrato abbastanza drenante. Alcuni utilizzano un substrato completamente minerale; io mi sono sempre trovato molto bene utilizzando una miscela contenente circa il 70% di materiale inerte (pomice, ghiaietto di fiume, perlite, tutti del diametro di 3-7 mm addizionati anche di lapillo più grossolano o sassolini di fiume del diametro di circa 1 cm) e il 30% di terriccio di ottima qualità. Ho notato che i bulbi piantati in substrato contenente anche materiale più grossolano formano piante con un migliore apparato radicale e che producono più bulbi a fine stagione. I bulbi vanno comprati durante l’estate e piantati subito nel substrato secco in vasi non troppo grandi: io mi trovo benissimo utilizzando dei vasi quadrati di 10×10×11 cm in cui metto 3-4 bulbi. Durante il periodo estivo non bisogna bagnare il substrato: i bulbi non si disidratano con il secco, ma con l’umidità marciscono! Verso fine agosto si comincia a bagnare gradualmente i vasi senza far ristagnare troppa acqua: ben presto i tuberi cominciano a far crescere una gemma.

Nel periodo autunno-invernale la gemma cresce, vengono emesse le radici e si forma la rosetta basale di foglie. In questo periodo è necessario bagnare le piante quando i vasi si seccano. Concimare ogni mese e mezzo con concime 20-20-20 1 g/l circa. Proteggere i vasi e le foglie in caso di gelate forti con un velo di tessuto non tessuto.

Con i primi tepori inizia anche la fioritura, in questo periodo bisogna bagnare più di rado le piante poiché la loro attività si riduce e appena dopo la fioritura inizia il periodo di riposo secco.

In generale tutte le piante appartenenti a questi generi amano un’esposizione molto soleggiata nei mesi invernali (per quel che si può dare loro). Fanno eccezione alcune Ophrys, come l’Ophrys reinholdii e l’Ophrys insectifera che crescono in boschi più o meno radi e che quindi necessitano di una zona più ombreggiata.

Alcune Anacamptis crescono su suoli sempre umidi (per esempio l’Anacamptis laxiflora o l’Anacamptis palustris): in questi casi utilizzo un substrato quasi completamente minerale e tengo sempre circa 1-2 cm di acqua nel sottovaso. In genere quasi tutte queste piante amano suoli calcarei: bisogna quindi utilizzare acqua calcarea per le bagnature. Ovviamente è sempre bene controllare su alcuni siti internet, che indicherò alla fine dell’articolo, l’habitat e le richieste della specie che si vuole coltivare.

Le Dactylorhiza richiedono invece un po’ più di attenzione per quanto riguarda la scelta del substrato: per andare a colpo sicuro bisogna, come sempre, analizzare l’habitat naturale.

La Dactylorhiza romana e la Dactylorhiza fuschsii per esempio vanno piantate e trattate nello stesso substrato utilizzato per le Ophrys.

La Dactylorhiza majalis vive in luoghi molto umidi e va quindi piantata in un substrato quasi più minerale, ma mantenuta sempre umida con acqua da osmosi inversa.

La Dactylorhiza foliosa vuole un substrato piuttosto acido e ricco di sostanza organica, ma sempre ben drenante in modo da evitare marciumi dei bulbi.

L’articolo continuerà su un altro numero con la descrizione delle orchidee rustiche a fioritura estiva originarie dell’Europa e di alcune specie rustiche provenienti dall’Asia e dall’America del Nord.

PER SAPERNE DI PIÙ 

Molte informazioni sulle orchidee europee si possono trovare sul sito www.orchidsofbritainandeurope.co.uk

Qui si trova la descrizioni di tutte le specie endemiche dell’Europa, corredate da molte foto fatte sul campo e indicazioni dell’habitat di molte specie. Grazie a questo sito sono riuscito anche a identificare molte specie che mi erano state vendute con nome sbagliato.

[/spb_text_block]