Prima che iniziate a leggere vorrei precisare che questi appunti non sono assolutamente né un trattato botanico né uno studio scientifico, ma solo appunti ricavati da letture, ricerche in internet e da personali coltivazioni di alcune specie e di conseguenza come tali sono da leggere e interpretare.
Le foto inserite sono esclusivamente di piante della mia collezione.
[/spb_text_block] [blank_spacer height=”30px” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block title=”Premessa” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]
Scusate questa premessa ma mi sembra opportuno prima di descrivere come coltivo le mie Coelogyne e parlare un poco delle ricerche fatte per cercare di coltivare al meglio queste splendide orchidee facili se si danno le opportune cure ma inspiegabilmente poco diffuse nelle collezioni degli orchidofili se non le classiche “Coelogyne cristata”, “Coelogyne fuliginosa” e “Coelogyne nitida”.
Forse uno dei motivi è che alcune piante raggiungono discrete dimensioni ed alcune varietà sono decisamente ingombranti, penso anche che sia per la conformazione degli steli fioriferi che in molti casi sono penduli per cui per gustare appieno la fioritura si rende necessario coltivare la pianta appesa in modo da dare il necessario spazio allo stelo fiorifero.
Ma penso anche che essendo un’orchidea poco diffusa e per alcune varietà anche di difficile reperibilità resta a volte complesso capire come coltivarle al meglio per ottenere soddisfazioni come ad esempio per la “Coelogyne schultesii” o per la “Coelogyne tsii (Coelogyne miniata – echerinata)” dove poco si trova di descrizione della coltivazione e quindi si ha mano libera per fare le sperimentazioni.
[/spb_text_block] [/spb_column] [spb_text_block title=”Come mi sono documentato” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]
Per il suddetto motivo ha fatto un po’ di ricerche prima di iniziare la coltivazione di queste splendide orchidee per capire prima di tutto il loro habitat in natura come posizionamento e successivamente come ambiente climatico (è un po’ una deformazione che mi porto a causa della mia esperienza lavorativa abbiate pazienza).
Prima di tutto ho notato che tutte crescono in ambienti con un alto livello di umidità 85%-90% in estate e 70%-75% in inverno e di frequenti e abbondanti piogge nel periodo estivo e con forti nebbie o nuvole nel periodo invernale (foreste pluviali o zone paludose), sono quasi tutte epifite su tronchi o su rami ricoperti di muschio e anche le poche definite anche litofite in effetti crescono su rocce abbondantemente ricoperte di muschio.
In secondo luogo ho guardato se nel mio ambiente sono coltivabili considerando la variabilità di temperature e di necessità. Alcune richiedono freddo con delle buone escursioni di temperatura tra giorno/notte ed estate/inverno e un periodo di riposo secco (quando dico secco non dobbiamo dimenticare le nebbie e le nuvole per quelle di alta quota quindi meglio dire un riposo asciutto), altre invece sono da serra intermedia o calda senza grosse escursioni di temperatura ma sempre con un’umidità rilevante.
Una cosa in comune è la grande necessità di acqua nel periodo estivo, mentre nel periodo invernale un riposo asciutto per quelle da freddo e una necessità di substrato sempre umido per quelle da caldo senza dimenticare il tasso di umidità abbastanza elevato per tutte.
Tutte hanno radici sottili o molto sottili di conseguenza mal sopportano frequenti rinvasi perché si rompono facilmente soprattutto usando un substrato “solido” inoltre restano sempre abbastanza superficiali senza spingersi mai troppo a fondo nel substrato.
Tutte gradiscono una luce non troppo intensa se non in casi particolari solo in inverno come la Coelogyne cristata ma questo non si può dire che valga per tutti i cloni.
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Da queste osservazioni ho pensato che il modo migliore nel mio ambiente, la coltivazione sia il cesto non molto profondo con un substrato soffice, molto molto drenante per non far marcire le radici che però trattenga un buon livello di umidità radicale, oppure la zattera ricoperta in parte da muschio ma che al momento ho escluso, sto provando con una piccola Coelogyne fuliginosa, solo per motivi di spazio e di una non ancora perfetta conoscenza di alcune di queste orchidee anche se penso con la prossima primavera di iniziare a metterne alcune su adeguate zattere.
Al momento le coltivo tutte in cesto poco profondo in un substrato di solo muschio e fibra di cocco. Un substrato molto soffice e molto drenante che grazie però al muschio resta sempre umido senza mai infradiciarsi eliminando di conseguenza il rischio di marciume radicale anche in caso di abbondanti piogge quando in estate le porto in giardino
Con le bagnature in estate vado sul pesante con tutte bagnando con molta frequenza e con abbondanza (ho fatto un sistema d’irrigazione pilotato da centraline), in inverno mi regolo in base alla pianta che coltivo.
L’umidità con tutte e in tutte le stagioni la tengo mediamente elevata intorno al 70-80%.
Esposizione in estate le metto in zone mediamente luminose escluso le Coelogyne cristata che devono prendere del sole, anche se alcune foglie vengono inevitabilmente bruciate mentre in inverno quelle da intermedio e intermedio/caldo in serra sono illuminate solo da luce artificiale mentre quelle da freddo in serra fredda sono illuminate da luce naturale
Con l’acqua considerando anche che le piante sono tenute in muschio che possibilmente deve restare vivo nel tempo resta un poco più complesso perché l’acqua dell’acquedotto per essendo accettabile per molte altre orchidee, da sola 312 μS – Ph 7,1, per come le coltivo resta poco adatta quindi durante l’inverno in serra faccio un mix tra acqua piovana e acqua dell’acquedotto in modo da ottenere una conducibilità tra i 130-150 μS e Ph ballerino, mentre in estate sono in giardino con sistema automatico d’irrigazione e si beccano l’acqua dell’acquedotto ma considerando le piogge che non mancano i risultati sono comunque soddisfacenti.
Con la fertilizzazione vado leggero usando molto meno fertilizzante rispetto a quanto previsto nelle istruzioni, ne diluisco circa il 15-20% della quantità prevista a inizio primavera e circa il 30% della quantità prevista nel periodo vegetativo per tornare a ridurlo gradualmente in autunno arrivando alla totale sospensione per alcune piante in inverno. In tutti i casi faccio comunque sempre una diluzione del fertilizzante usando acqua piovana e acqua dell’acquedotto in modo da non superare mai i 250 μS. La fertilizzazione viene fatta sempre a radici bagnate per evitare di bruciarle.
Considerando che hanno radici sottili e molto sensibili all’accumulo di sali delle fertilizzazioni e al fatto che un eccesso di fertilizzazioni nuoce anche al muschio periodicamente faccio dei lavaggi del substrato con acqua piovana e se non piove o con acqua demineralizzata per osmosi.
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Come con tutte le altre mie orchidee mensilmente uso il 66F quando faccio le normali bagnature sia in serra che in estate quando sono in giardino.
Come mia abitudine subito dopo l’acquisto svaso la pianta dal substrato originale e la rinvaso nel substrato che uso normalmente per lo specifico tipo di orchidea.
Una cosa che ho riscontrato è che il rinvaso frequente poco piace alle Coelogyne che hanno radici molto sottili che facilmente si spezzano soprattutto se coltivate in bark e si ha quasi sicuramente la perdita di una stagione di fioritura, per cui le mie le coltivo tutte in basket di legno sovradimensionati in modo da non avere necessità di rinvasi frequenti, inoltre il substrato di muschio se ben tenuto non si deteriora ma si rigenera e comunque le radici restano abbastanza confinate all’interno del substrato per cui il rinvaso non danneggia eccessivamente le radici se si ha l’accortezza di prendere tutto il blocco del muschio e non la sola pianta. Poi essendo tutte in basket se nel tempo si rende necessaria un’integrazione del muschio perché si è deteriorato o per altri motivi basta togliere il fondo del basket inserire del nuovo muschio e rimettere il fondo.
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Approfittando del rinvaso di una Coelogyne lawrenceana vediamo come eseguo il rinvaso.
Cosa uso:
- un cestino
- fibra di cocco
- muschio ben pulito e bagnato
- orchidea
- forbici ben disinfettate
Inizio con ricoprire le pareti interne con il muschio, poi metto un leggero strato di fibra di cocco e un nuovo strato di muschio. Controllo stato delle radici dopo la svasatura dal bark che deve essere eliminato totalmente per poi procedere alla pulizia. Le radici dopo la pulizia eliminando tutte le radici rotte, marce o secche. In questo modo si ha un pane radicale in ottime condizioni per il suo veloce recupero.
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Primo posizionamento per verificare se il pane radicale resta ben contenuto nel cesto e l’altezza del colletto rispetto al substrato, in questo caso resta troppo infossato nel cesto quindi prima di procedere bisogna rialzare ulteriormente il livello del substrato con l’aggiunta di uno strato di fibra di cocco e di muschio.
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Quando il livello va bene, il colletto resta leggermente sopraelevato rispetto al bordo del cesto (poi con le bagnature si avrà un leggero assestamento verso il basso). Dispongo le radici in modo che siano ben a contatto con il muschio. Essendo una simpodiale lascio, come sempre, spazio verso la parte di crescita aiutandomi con dei bastoncini (ottimi quelli dei ristoranti cinesi) inserisco il muschio anche tra le radici in modo che tutte le radici siano ricoperte o integrate nel muschio. Il cestino e’ finito e appeso.
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