Francesca Castiglione intervista Mauro Montanari, consigliere SFO
Come si è verificato il tuo primo incontro con le orchidee? E come ti sei appassionato?
Correva l’anno del Signore 1982 quando, alla Festa dei ciliegi in fiore di Vignola, un commerciante della zona aveva Cymbidium e Cattleya in vendita, e mentre ammiravo con stupore le piante, ascoltavo i commenti variopinti delle comari. Incuriosito, ma soprattutto affascinato dai fiori, mi misi alla ricerca di libri che mi spiegassero un po’ cosa fossero queste piante. Il primo fu Le Orchidee di Gastone Sbrana e poco dopo arrivarono anche un Cymbidium e una Cattleya, sfioriti entrambi: i prezzi del fiorito erano inavvicinabili. Il secondo libro fu Le Orchidee di Rebecca Tyson Northen: lì iniziò la mia “rovina”. La seconda vita è cominciata quando un mio caro amico che ha un piccolo garden in zona mi regalò alcune orchidee sfiorite, due Dendrobium ×delicatum, di cui uno resiste ancora, due Zygopetalum ibridi e una Phalaenopsis.
Da quanti anni?
Come orchidofilo ho due vite: la prima dal 1982 alla fine del 1994, la seconda dal 2012 o 2013 a tutt’ora.
Quante piante hai?
Circa 900.
Quali piante costituiscono il cuore della tua collezione?
La maggior parte sono Paphiopedilum e Phragmipedium.
Attualmente quale preferisci (genere, miniature, profumate, provenienza, ecc.)?
Pantofole…
Come coltivi? Casa, serra o orchidario?
In “bunker”, ovvero un terrazzo sottotetto, esposto a nord, di 4×3 metri circa chiuso da finestroni.
Usi l’illuminazione artificiale? Se sì, di che tipo? Ne sei soddisfatto?
Sia artificiale sia naturale: quella artificiale è ottenuta principalmente da barre a LED impermeabili a 24 volt da 3000 o 6000 K. I risultati sono soddisfacenti.
Solitamente gli appassionati trovano soluzioni a volte geniali per risolvere i vari problemi di coltivazione casalinga. Hai qualche idea da segnalare?
No, non ho grosse idee geniali da dare…
Quali errori?
Errori tanti e penso che siano stati quelli che più di altra cosa mi abbiano fatto capire tante cose, specialmente in passato quando non esisteva internet, i libri in italiano erano pochissimi e i contatti telefonici con altri orchidofili erano assai costosi. Dagli errori ho cominciato a capire le esigenze delle varie specie, dove e come collocarle, quali generi più si adattano all’habitat che posso offrire. Questo però ha comportato e comporta alcuni cadaveri, perciò un consiglio: prima di prendere piante che piacciono, magari costose, provare con specie o ibridi con affinità di coltivazione, ma più economici, per capire se si adattano a quello che ognuno di noi può dare e se si riesce a trovare quel giusto equilibrio per le esigenze della pianta. Anche perché tutti i consigli che si trovano on-line o dati da altri orchidofili non sempre si possono adattare al tipo di habitat che abbiamo.
Il tuo sogno nel cassetto?
Di sogni nel cassetto ne ho due: uno materiale, una piccola casettina al mare con serretta e una barchettina; l’altro riuscire a trasmettere la passione per le orchidee a qualcuno dei miei famigliari, ma ormai le uniche speranze sono riposte al nipotino, perciò mi toccherà coltivare per altri venti anni orchidee…
La coltivazione e la passione per le orchidee ha influito sul rapporto con te stesso e con chi ti sta vicino? Se sì, in che modo?
È inutile dire che su di me le orchidee hanno influito positivamente su corpo e anima; non le avrei se non fosse così e ho avuto “benefici” in momenti difficili. Per chi mi è vicino indubbiamente c’è qualche influenza, anche se penso che a volte possono essere le persone ad influenzarti nelle tue passioni: cosi è stato quando è nata la mia principessa, e visto che la vita è fatta di priorità, dopo tre anni ho dato via la collezione; era il 1994… ora mi auguro di non arrivare più a fare scelte così dolorose.