Come si è verificato il tuo primo incontro con le orchidee? E come ti sei appassionato?
La mia passione per le orchidee nasce dai cactus. Sì, le succulente avete presente, no? Piante che se non le consideri o quasi ti regalano comunque soddisfazioni. Questo lo dico da quando la pratica ha iniziato a portare risultati: all’inizio mi moriva tutto, il pollice nero mi caratterizzava. Neanche le piante più resistenti sopravvivevano nelle mie mani fino a quando alcuni piccoli esemplari di cactus avevano suscitato il mio interesse e mi sono detto: «Vediamo un po’ dove sbaglio, cosa va fatto e cosa non va fatto per farli sopravvivere». All’inizio è stata dura soprattutto perché abitavo in un appartamento senza balcone e a queste condizioni non si può fare molto, ma mi sono “ingegnato”, luce, acqua, rinvasi… Avevo finalmente creato la mia zona arida di circa 300 grassottelle di tutti i tipi che pian piano crescevano, fiorivano e soprattutto… vivevano.
Non so quante mostre ed esposizioni sono andato a vedere; tappa fissa era (ed è) quella di Bologna, la famosa Festa del Cactus, che ormai tanti conoscono, ma anche Trento, Torino, Masino, Verbania… e molte altre, per più anni. Ma non sono mai soddisfatto. La voglia di sfide più ardue si è presentata quando, con qualche regalo di cui non ricordo l’occasione, mi fu data una mini Phalaenopsis da supermercato. Questa in particolare mi ha fatto fare la svolta.
Prima non sapevo neanche come si chiamassero le orchidee e non intendo il nome botanico o ibrido: pensavo che l’orchidea fosse un tipo, colorata o meno, alta o bassa, a fiori piccoli o grandi, tutto qui. Questa mini Phalaenopsis, che all’inizio non cresceva e non faceva fiori, nonostante i litri d’acqua consumati, ha compiuto il miracolo: mi ha costretto a cercare, come per i cactus, la guida alla coltivazione aprendo un libro o su internet. E lì il boom. Ma quante sono? Da dove vengono? Da freddo! Da caldo! Ma soprattutto che bel contrasto sarebbe averne di fianco ai cactus (come se andassero d’accordo, eh?).
Allora a fianco delle fiere dei cactus cercavo sempre più occasioni di incontrale al di fuori dei garden, dove non trovavo che le stesse qualità. Sui libri o sulle guide vedevo qualcosa di mai visto prima e lo cercavo.
Da lì, coi primi esemplari “ricercati” a fianco della mini Phalaenopsis che, tolta la baby ball, sembrava ancora in coma, ho iniziato a frequentare gruppi Facebook, a leggere consigli e ad ammirare in giro magnifiche fioriture. Si presentò in seguito un’occasione: mi aggregai a una gita in una famosa serra organizzata da un “tizio”, Martino, con tre signore al seguito, Marialuisa, Liviana e Laura, tutti e quattro conosciuti quel giorno. Ero già incuriosito dal fascino di questi fiori (certo i fiori sono belli, ma intendo le tipologie di piante, di forme, di colori di foglia, di bulbi strani) e la visita in quella serra è stata l’inizio della vera passione. Portai a casa le mie prime zattere quasi inconsapevole delle esigenze di coltivazione, se non per informazioni teoriche lette qui e là.
Da quanti anni?
Sono passati circa quattro anni dalla gita e sei dalla mini Phalaenopsis.
Quante piante hai?
Trentadue zattere, trenta in vaso, una senza zattera e senza vaso , di cui saprete sicuramente immaginare di che si tratta, ed esperimenti di keiki sparsi. La domanda che non dovrete farmi è quante ne ho avute… molte di più. La pratica corretta si fa con molti tentativi… e poi con lo spazio. Prima del recente trasloco questo mi mancava.
Quali piante costituiscono il cuore della tua collezione?
Le zattere sicuramente: quando ho tempo, tutto quello che si può zatterare lo zattero. Rendere più naturale possibile la coltivazione era una mia abitudine anche per i cactus e la riapplico. La regina rimane la mini Phalaenopsis che a oggi vegeta bene su una zattera di terracotta regalatami dal gestore della serra visitata nella mia prima gita… ma ancora da questa niente fiori.
Attualmente quale preferisci (genere, miniature, profumate, provenienza, ecc.)?
Le miniature sono quelle che mi piacciono di più, i fiori strani scuri anche. Non ho una provenienza specifica preferita, sto ancora studiando… Come specie i Bulbophyllum mi affascinano, così come i Catasetum, i fiori scuri, le foglie variegate.
Come coltivi? Casa, serra o orchidario?
Iniziai a coltivare in casa su un tavolino esposto vicino ai cactus, davanti all’unica finestra sufficientemente luminosa. Poi con le zattere la cosa si faceva più complicata: laghetti quotidiani mi hanno spinto a correre ai ripari e tra le varie ricerche vidi delle teche: scatole trasparenti e chiuse dove creare un ambiente tropicale. Trovai un vecchio acquario senza coperchio e creai il mio primo orchidario. L’ho allestito con un fondo grigliato dove appoggiare l’argilla espansa in modo che potesse tenere più umido, con la parete sempre grigliata, ma tappezzata di pezzettini di corteccia dove appendere le mie zattere. Aggiunsi un ventilatore, una pompa per acquario per liberarmi delle eventuali eccedenze d’acqua dal fondo e faretti LED per illuminare il tutto a orari stabiliti.
Da questa stagione, dopo il trasloco, le piante da vaso sono in grow box. Vivo a pian terreno e le imposte quindi sono sempre chiuse di giorno; non potendole tenere fuori in giardino sono in una miniserra da interno a fianco dell’orchidario.
Usi l’illuminazione artificiale? Se sì, di che tipo? Ne sei soddisfatto?
Per l’orchidario, e di inverno per la grow box, uso solo illuminazione artificiale. Le piante da vaso prendono la luce naturale solo con le temperature adatte all’esterno.
Non ho tuttavia luce o faretti professionali, mi sono arrangiato: tanti lumen sicuramente e tutti LED, due terzi di quantità di luce di tipo freddo e un terzo di tipo caldo. Uso sia strisce LED sia faretti sia tubi. A seconda di dove li ho potuti collocare.
Solitamente gli appassionati trovano soluzioni a volte geniali per risolvere i vari problemi di coltivazione casalinga. Hai qualche idea da segnalare?
Osservare per quanto possibile con occhio critico, tenendo presente che i cambiamenti sia in positivo sia in negativo non si vedono dall’oggi al domani. E poi il gruppo Facebook dell’ALAO e i colleghi soci, che tra tanti consigli ti spingono a provare e ad adeguare quello che fai a quello che andrebbe fatto per quella specie in particolare.
Ma la vera svolta, dopo la protezione dell’orchidario e dei LED, è stata l’acqua. Filtro per produrre acqua osmotica non potendomi facilmente procurare acqua piovana fino a poco tempo fa; ora c’è il giardino e da quando uso questa osmotica è stata una vera esplosione. Non a caso prima con le concimazioni era un disastro.
Quali errori?
Tanti: dimenticanze, poco tempo, scelte di specie impossibili per la mia realtà… ma bagnare troppo è l’errore più comune che ho commesso. Non potendomi sfogare coi cactus nelle bagnature, l’acqua riservata all’innaffiatura si è spesso concentrata sulle orchidee. Per non parlare di concimazione eccessiva e bruciature da sole… lasciamo perdere.
Un altro errore frequente è l’acquisto senza rendersi conto dell’esigenza specifica e la necessità di adattamento, a volte faticosa, per avvicinarsi il più possibile alla coltivazione ottimale.
Il tuo sogno nel cassetto?
Una serra. Controllo temperatura e climatizzazione, automazione spinta per le bagnature, l’umidità e l’illuminazione. La possibilità di creare zone climatiche diverse adatte alle varie alle varie specie. Condividere fioriture tutto l’anno e avere molte divisioni da scambiare.
La coltivazione e la passione per le orchidee ha influito sul rapporto con te stesso e con chi ti sta vicino? Se sì, in che modo?
La coltivazione di un interesse personale, sebbene con qualche impegno, porta svago e distoglie dagli impegni quotidiani. Come per i cactus, le orchidee ti fanno riflettere e ingegnare per coltivarle al meglio in un ambiente che non è il loro. Quando poi un hobby come la coltivazione porta ai risultati sperati, tutto viene ripagato ed è un circolo virtuoso. Ottieni piccoli risultati o piccoli fallimenti e ti impegni ancora per fare meglio.
Poi l’impegno in associazione, dall’inizio molto timoroso per inesperienza e sempre poco tempo, ora coinvolgente e con un affetto evidente tra tutti i soci molto concreto e tangibile. Ti dà energia e voglia di fare.
La condivisione delle passioni poi amplifica la soddisfazione.