[blank_spacer height=”30px” width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block title=”Parte I – Relativa al cestello” pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

 

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Il cestello che io chiamo cestello-zattera lo uso con le mie Phalaenopsis botaniche e l’ho trovato molto utile per la coltivazione casalinga come alternativa alla classica zattera che, in casa, resta di più complessa gestione. E’ fatto con classici listelli di legno duro 10×15 ma si possono realizzare anche in legno di abete con l’accortezza di poi dare una passata al legno con un flating all’acqua per evitare che marcisca velocemente. Per le dimensioni dipende ovviamente dalla Phalaenopsis che si vuole inserire.

Perché questo tipo di cestello e non il classico? La risposta e semplice, in natura come sono messe le Phalaenopsis? Basta vedere delle fotografie di Phalaenopsis in natura e vediamo che queste sono con un andamento ‘a testa in giù’ o al più orizzontale e con questi cestelli volevo mettere le mie Phalaenopsis botaniche nel modo più ‘naturale’ possibile anche non usando le zattere per il motivo detto sopra.

Considerate che la mia collezione è in percentuale molto alta di Phalaenopsis botaniche e che con le zattere in inverno mi diventava impossibile gestire un centinaio di Phaòlaenopsis botaniche su zattera tenendole in sala e dovendole bagnare con molta frequenza, con il cestello-zattera ho risolto il problema permettendomi di bagnare con una minore frequenza come un cestello normale. Unico inconveniente, se così si può dire, è che questo tipo di cestello va sempre solo appeso essendo le foglie rivolte in basso.

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Come si vede ha uno sviluppo verticale, ovvero è più alto che largo ed è diviso praticamente in tre parti:

[/spb_text_block] [/spb_column] [blank_spacer height=”30px” width=”1/6″ el_position=”first”] [spb_column width=”2/3″] [spb_single_image image=”3053″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”3015″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/2″ el_position=”last”] [/spb_column] [blank_spacer height=”30px” width=”1/6″ el_position=”last”] [/spb_row] [spb_row row_bg_type=”image” parallax_image_height=”content-height” parallax_image_movement=”fixed” parallax_image_speed=”0.5″ parallax_video_height=”window-height” parallax_video_overlay=”none” row_overlay_opacity=”0″ width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_column width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

La profondità a differenza dei classici cestelli non è eccessiva e deve essere sufficiente a contenere una quantità adeguata di composta per permettere un veloce drenaggio dell’acqua e una altrettanto veloce asciugatura questo mi permette di tenere tranquillamente fuori le piante senza pormi il problema di una composta eccessivamente fradicia come avveniva invece con i vasi se il periodo è molto piovoso quando le tengo in giardino.

La parte posteriore è in rete, questo permette oltre ad un ottimo drenaggio di far respirare le radici e non bloccare il loro sviluppo nel cesto.

Se il cestino è grosso è opportuno mettere un legno di rinforzo per evitare che la rete fletta e possa uscire la composta.

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Invaso una Phalaenopsis botanica arrivata dalla Germania a inizio mese, è una orchidea al momento di ridotte dimensioni e adatta a questo cestino considerando anche che non avrà mai un apparato fogliare di notevoli dimensioni e quindi per almeno tre anni in questo cesto ci può stare.

La composta di base che utilizzo per le Phalaenopsis è la solita bark 70% e carbonella 30% a cui poi aggiungo a seconda della pianta del bark piccolo e dello sfagno oppure della fibra di cocco e del muschio.

In questo caso ho aggiunto anche una piccola quantità di bark piccolo e circa un 30% di sfagno ottenendo una composta di questo tipo. Teniamo presente che lo sfagno serve anche per evitare una veloce asciugatura della composta che nel cestello tende ad asciugare velocemente. Poi dal cestello togliamo la rete che successivamente tratterrà la composta nel cestino in questo modo si lavora decisamente meglio che con la rete applicata.

 

[/spb_text_block] [/spb_column] [spb_column width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_single_image image=”3020″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″ el_position=”first”] [spb_single_image image=”3021″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″] [spb_single_image image=”3022″ image_size=”full” frame=”noframe” intro_animation=”none” full_width=”no” lightbox=”yes” link_target=”_self” width=”1/3″ el_position=”last”] [/spb_column] [/spb_row] [spb_row row_bg_type=”image” parallax_image_height=”content-height” parallax_image_movement=”fixed” parallax_image_speed=”0.5″ parallax_video_height=”window-height” parallax_video_overlay=”none” row_overlay_opacity=”0″ width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_column width=”1/1″ el_position=”first last”] [spb_text_block pb_margin_bottom=”no” pb_border_bottom=”no” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Come per un normale rinvaso l’orchidea prima di tutto deve essere con le radici bagnate per facilitare sia il vedere facilmente le radici vive che avere la necessaria elasticità radicale in modo che si possano manovrare facilmente senza romperle. Quindi con forbici disinfettate alla fiamma o con la candeggina.

Si procede alla pulizia dell’orchidea eliminando le radici rotte, secche e marce per ottenere un pane radicale ben pulito e le eventuali parte secche delle foglie. Se il numero di radici è elevato potrebbe essere che ci siano problemi per inserire l’orchidea nel cestino si può eliminare la parte di fondo del pane radicale che potrebbe iniziare a suberare e di conseguenza poco utili, per fortuna dopo la pulizia le radici non è stato necessaria questo intervento ottenendo già un buon gruppo di radici più che mai adatto al cestino. Adesso riempiamo la parte contenitore del cestino con la composta senza comprimere eccessivamente in modo da avere una base di appoggio delle radici e dell’orchidea che sia soffice. Poi sulla rete di fondo mettiamo un leggero strato di composta in modo da coprire la rete, anche se restano degli spazi non è un problema.

Nel cestello preferisco preferisco posizionare l’orchidea con le foglie in orizzontale e leggermente rivolta verso il basso, per due motivi: uno pratico, quando piove o si bagna essendo la pianta inclinata verso il basso l’acqua defluisce molto in fretta dalle foglie, l’altro estetico in quanto se messa con le foglie in verticale a lungo andare per il peso delle foglie tendono a comprimersi fra di loro e stanno decisamente male, ma a voi la scelta.

Fatta la scelta e preparato il fondo adagiamo le radici della pianta su questa base cercando delicatamente di distribuirle sulla composta del fondo e che alcune siano all’interno della parte che fa da contenitore o almeno a contatto di questa parte, sviluppandosi si inseriranno da sole poi nella composta. Fatto questo si completa riempiendo il cestino con la composta preparata fino al colmo del cestino senza comprimere ma cercando di distribuire il più possibile la composta tra le radici picchiettando leggermente sui lati del cestino o aiutandosi con un bastoncino, molto adatti quelli che danno nei ristorati cinesi.

Terminato di riempire il cestino si richiude con la rete di contenimento ed il cestino è pronto.

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Non è finita qui, dalla parte mediana che è quella in cui è inserita l’orchidea potrebbe con le bagnature uscire il bark e allora serve anche qualche altra cosa che però lasci respirare anche la parte frontale e sia in grado di trattenere il bark. Posso consigliare l’utilizzo di due prodotti che anche esteticamente sono belli:

In questo caso ho usato la fibra di cocco prendendone un leggero strato e appoggiandolo sulla composta facendo in modo di inserirlo anche nella parte bassa del cestino, anche qui i bastoncini cinesi vanno alla grande, in modo da avere un completo contenimento delle composta anche nella parte mediana. Se è il caso e la rete di contenimento flette per evitare che esca il bark con le bagnature si può poi fissare la rete con due piccole viti e rondelle.

A questo punto il cestino è finito e si può appendere.

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Anche con i cestini la tecnica da utilizzare è la stessa dell’orchidea in vaso per la prima bagnatura, ovvero se si sono fatti dei grossi interventi sulle radici si aspetta qualche giorno prima di bagnare se gli interventi sono stati minimi il giorno dopo si può già bagnare. Ricordarsi come ho scritto sopra che le orchidee messe in cestello asciugano molto ma molto più velocemente che le orchidee messe nei vasi

Se qualcuno si vuole cimentare e trovare delle migliorie a questi cestelli ben vengano. Lo spirito del documento non è essere “vangelo” ma stimolo a personali soluzioni da mettere a disposizione di tutti gli amici. In ultimo alcune delle Phalaenopsis della mia collezione in cestello-zattera.

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