Riassunto: Webinar organizzato dall’Associazione Lombarda Amatori Orchidee tenutosi il 9 aprile 2021. Fernando Morelli e Renato Lombardo raccontano il territorio e le sue peculiarità, il progetto del libro sulle orchidee spontanee della provincia di Cuneo, la biologia di queste piante. Una carrellata su specie, varianti, rarità e ibridi naturali, nonché sull’entomofauna che le popola.
Abstract: Webinar organized by the Associazione Lombarda Amatori Orchidee held on April 9, 2021. Fernando Morelli and Renato Lombardo talk about the territory and its peculiarities, the project of the book about wild orchids from the province of Cuneo, the biology of these plants. An overview of species, variants, rarities and natural hybrids, as well as the entomofauna that populates them.
La Provincia Granda è chiamata così perché, al momento della sua creazione nell’Ottocento, era la più grande del Piemonte: ancora oggi è la quarta provincia più grande d’Italia per estensione.
Questa provincia ha dei grossi vantaggi: confina con la Liguria, quindi, gode del clima marittimo. Il territorio si snoda dall’alta Langa con le Alpi Liguri, le Alpi Marittime e infine le Alpi Cozie con una varietà di climi e altitudini che stimola una varietà vegetale unica. In trenta anni di studi sono state censite 74 specie di orchidee.
La valle Grana è una delle valli più piccole della provincia cuneesesenza sbocco in Francia, è collocata tra le Alpi Cozie e Marittime ed è un piccolo territorio ricco di cultura, nonché nicchia ecologica, eccellenza casearia, custode della cultura occitana-provenzale. La valle Grana ha un paesaggio vario che si spiega tra strette gole, con maestose praterie e un ripido torrente. Da Caraglio, il capoluogo, si sale dolcemente attraverso nuclei abitati e campi dove si tutelano le
produzioni locali di aglio, zafferano, patate e tartufo nero, fino ad arrivare a Monterosso e Pradleves, da cui si accede all’alta valle. A Castelmagno, la valle si apre in tutto il suo fascino alpino: il colle Fauniera è meta ambita degli sportivi e congiunge la valle Grana con le vicine valle Stura e valle Maira.
La valle Grana è conosciuta per le bellezze naturalistiche e per il Castelmagno, un formaggio DOP conosciuto in tutto il mondo. La valle Grana è rappresentata dall’associazione La Cevitou, un’associazione culturale senza scopo di lucro nata nel 1994 con la volontà di innescare in valle Grana un processo nuovo di tutela, promozione e diffusione delle realtà culturali, sociali, ambientali e turistiche del territorio in cooperazione c San Pietro e la sede dell’associazione La Cevitou on la realtà attive in esso. La missione dell’associazione, attraverso l’attività dell’ecomuseo di cui è l’ente gestore, è vivere, lavorare e far visitare la valle Grana nel rispetto della natura e dell’ambiente, affinché il patrimonio culturale possa affondare le radici nel passato per crescere verso un futuro consapevole.
L’Ecomuseo Terra del Castelmagno è fedele al suo essere «un patto con il quale la comunità si prende cura di un territorio».
Istituito dalla Regione Piemonte nel 2007 è attivo in valle Grana con l’obiettivo di valorizzarne le specificità: luoghi, saperi e attività, ma soprattutto persone.
Gli ecomusei sono 25 in Piemonte e hanno il compito di promuovere le specificità del territorio, organizzano attività per i turisti e per le persone che ci abitano valorizzando le aree dal punto di vista culturale, sociale e ambientale; in particolare, l’Ecomuseo Terra del Castelmagno narra la cultura occitana, gli stili, le abitudini di vita che tramandano le passioni di questi luoghi da secoli.
RENATO LOMBARDO
Nato a Dronero nel 1950, medico in pensione, si diletta di ricerche etno-antropologiche e naturalistiche. Da sei anni collabora con Fernando Morelli, accompagnandolo sul campo, nella ricerca delle orchidee spontanee della provincia di Cuneo. È autore di numerosi testi dedicati alla valle Grana e alla sua gente, destinati interamente a scopi benefici.
Il libro
Il progetto del libro, portato avanti da Fernando Morelli e Renato Lombardi, ha visto la luce nella primavera del 2020 e ha la finalità di riunire tutti gli studi e le ricerche fatti sul campo e le bellezze raccolte. Nel settembre 2020 l’associazione culturale Ecomuseo di Castelmagno pubblicava il libro per devolvere il ricavato in beneficienza.
Il volume ha più di 500 pagine con tantissime foto anche a pagina intera. Nonostante sia stato pubblicato alla fine del 2020 in un periodo molto difficile, ha destato molto interesse e questo fa molto piacere, in quanto tutti i proventi andranno interamente in beneficenza in parti uguali a Il Fiore della vita OdV, un’associazione che si occupa del sostegno delle famiglie con bambini oncologici dell’ospedale di Savigliano, e alla comunità di Monterosso per Casa Vittoria, pensione per persone anziane; unendo in modo virtuale i bambini con gli anziani, le orchidee rappresentano la fragilità di queste due categorie e la grande bellezza di questi fiori rappresenta questa realtà.
Il libro è stato scritto a quattro mani da Renato Lombardo, medico originario di Dronero, che vive e ha lavorato in valle Grana ed è un appassionato di orchidee, di cultura locale e di relazione con le persone, che ha svolto studi di carattere storico-antropologico e di cultura locale. Poi c’è Fernando Morelli, guardia forestale originario di Scarnafigi, ma che vive a Cuneo. I due scrittori sono amici e grandi appassionati che vivono l’avventura della ricerca delle orchidee spontanee con grande professionalità e passione. Il metodo di ricerca usato da Fernando e Renato prevede visite da febbraio a settembre sul campo partendo dalle valli dell’alta Langa fino ai 2500 metri della valle Grana; il progetto si chiama Orchigranda e prevede l’identificazione della specie in loco, l’acquisizione dell’immagine, la quotazione altimetrica, la misurazione degli esemplari, la conta degli esemplari presenti che poi vengono rappresentati su una cartina con pallini di colore diverso che identificano la fascia di numerosità.
Il testo del libro è stato redatto grazie alla collaborazione di esperti e ricercatori. Le foto sono tutte di Fernando e Renato; caratteristica interessante sono le pagine di genere seguite dalle pagine di specie con la cartina che segnala dove possono essere viste e la loro densità nel comune in esame.
L’ultimo capitolo è dedicato agli acquarelli di Vanda Chiappero, insegnante in pensione di Limone Piemonte, che non si accontenta di scattare una fotografia e dipingere comodamente a casa, ma di farlo direttamente sul campo.
NOTA
In questo articolo non si utilizza la classificazione dellaNWorld Checklist of Selected Plant Families (WCSP) dei
Kew Gardens, cui ci atteniamo su ORCHIS; Fernando Morelli e Renato Lombardi hanno scelto di utilizzare la nomenclatura già usata nel libro Le orchidee spontanee della Provincia Granda.
Cercatori di piccole bellezze
Le orchidee sono piccole bellezze: Renato Lombardo ha dedicato la premessa del libro proprio alle piccole bellezze con il titolo “Cercatori di piccole bellezze”. Il motivo che spinge l’appassionato a coltivare le orchidee o andarle a cercare in nature è la loro bellezza. Fëdor Dostoevskij diceva che la bellezza salverà il mondo e le orchidee sono comprese in questa bellezza e siamo tutti cercatori di bellezza; ricercandola in mille modi la troviamo nei paesaggi nell’arte, nella pittura, nella musica, nelle stelle, negli uccelli, negli animali, negli insetti, nel collezionismo e in tutto ciò che ci piace.
La ricerca della bellezza può muovere il mondo: tutto questo è passione e la passione porta l’appagamento della ricerca delle cose. Le orchidee spontanee hanno una bellezza che appaga non solo vedendole, ma anche apprezzando il loro modo di vivere e di diffondersi in natura, che è affascinante, in quanto il loro seme è privo di albume e quindi è costretto ad allearsi con un fungo per germinare.
Una volta germinato il seme comincia a fare la fotosintesi e diventa autonomo; alcune orchidee però continuano il loro rapporto con il fungo come la Corallorhiza, la Neottia e l’Epipogium che non hanno clorofilla: si tratta di micoeterotrofia, cioè orchidee che vivono a spese del fungo invece di effettuare la fotosintesi.
L’Ophrys apifera nella parte superiore del fiore ha il ginostemio, l’organo che contiene le antere; lì ci sono i pollinii, che sono agganciati superiormente alla loggia pollinica; quando si staccano, si possono vedere i pollinii pendere in basso. Pare che la loggia pollinica abbia anche imparato ad autoimpollinarsi, quindi i pollinii penzolano e basta un soffio di vento affinché questi si incollino allo stigma che è viscoso: così, appena il pollinio lo tocca, si aggancia non si stacca più e l’orchidea si autofeconda, dato che nel suo areale più settentrionale i suoi impollinatori scarseggiano.
La Platanthera chlorantha non è vistosa e non è mastodontica, ma è perfetta: ha il suo bel labello rivolto in basso che serve da pista di atterraggio per gli insetti; in mezzo al fiore c’è il foro che dà adito allo sperone nettarifero. L’insetto impollinatore atterra sul labello, infila la proboscide nel foro per succhiare il nettare e il suo capo entra in contatto con i pollinii, che sono disposti ai lati. I pollinii si incollano al capo dell’insetto che volando da un’altra pianta impollina altri fiori.
Il Cypripedium calceolus ha una storia molto affascinante: ha un grosso labello fatto a forma di scarpetta, per questo viene chiamato comunemente “scarpetta della madonna” o “scarpetta di Venere”.
Quando l’insetto impollinatore entra nel labello ha solo una strada per uscire: risalire il labello stesso e passare sotto al ginostemio andando a toccare i due pollinii con la testa. Senza volerlo si carica i pollinii sulla testa e volando via va a fecondare un altro fiore.
Questi sono solo alcuni esempi della meraviglia del mondo delle orchidee.
LA RESUPINAZIONE DEL FIORE
Un fenomeno caratteristico delle orchidee spontanee è la resupinazione del labello durante lo sbocciare del fiore: infatti questo sboccia con il labello verso l’alto e, per essere pronta alla fecondazione, l’orchidea porta il labello verso il basso. Per gli insetti il labello è fondamentale, quindi l’orchidea facilita loro il compito di visitare il fiore. La resupinazione può avvenire con diverse modalità:
- per torsione dell’ovario (Dactylorhiza, Orchis);
- per torsione del peduncolo (Listera);
- per ribaltamento del fiore (ovario non contorto: Ophrys, Epipactis).
Alcune orchidee non fanno la resupinazione del fiore, come le Nigritella e gli Epipogium.
Le orchidee della valle Grana
La valle Grana, nel suo piccolo, ha 47 specie di orchidee; la Sardegna ne ha su tutto il territorio circa 60: questo vi fa capire l’importanza di questa valle nel contesto del panorama delle orchidee spontanee, con alcune eccellenze e rarità esclusive per questo territorio.
La fioritura va da febbraio a settembre: ogni mese ha le sue orchidee, quindi è impensabile andare a fare un’escursione e vederle tutte. A febbraio iniziano a fiorire le Barlia; le fioriture proseguono fino alle ultime orchidee alpine che fioriscono a fine settembre.
La valle Grana ha la particolarità di essere molto piccola, ma con un’escursione altimetrica molto marcata, quindi è la zona giusta per vedere diverse specie nello stesso periodo.
La specie Cephalanthera longifolia è abbastanza comune con fiore bianco; in valle Grana però è presente una stazione con una trentina di esemplari rosei, la Cephalanthera longifolia varietà rosea. Il fiore sembra fatto di porcellana e la pianta è abbastanza imponente: raggiunge anche i 30 cm. Nella stazione dove è presente la forma rosea ci sono 4-5 esemplari della varietà citrina che è rarissima.
Si riteneva che l’Anacamptis coriophora varietà coriophora vegetasse a nord del Po e si pensava che ci fosse solo la sottospecie fragrans, invece in valle ce sono molti esemplari. Il professore Giampaolo Mondino dell’Università di Torino l’aveva segnalata in valle 50 anni fa.
Renato e Fernando sono andati a cercarla dove l’aveva segnalata e l’hanno ritrovata a Castelmagno intorno ai 1600 metri di altitudine, un’altitudine maggiore rispetto alle abitudini di questa specie.
Il versante dove sono state trovate ha pendii molto scoscesi e quindi la neve sosta poco; inoltre ha un’esposizione al sole tale che i raggi cadono perpendicolarmente: questo permette la crescita di specie che non vegeterebbero a queste altitudini.
Il Cypripedium calceolus, fiore all’occhiello della valle Grana, sembrava fosse estinto già dal medioevo: un frate nel 1796 lo riferì nella valle Tesio. Sparì di nuovo fino al 1899 quando il botanico inglese Bicknell lo ritrovò in valle Tesio e scrisse una lettera al collega Émile Burnat, che conservò la lettera e la specie nel suo erbario. Nel 1992 Bruno Gallino, responsabile del Centro Biodiversità Vegetale dell’Ente Aree protette Alpi Liguri e Marittime, si è recato a Ginevra e ha visionato l’erbario di Émile Burnat, dove ha trovato gli esemplari e la lettera. Insieme alla lettera era conservata una mappa che segnalava il luogo di vegetazione di questa specie: Gallino conosceva molto bene il territorio e ritrovò la colonia dei Cypripedium. È un posto molto difficile da raggiungere: forse è per quello che la colonia è riuscita a sopravvivere e arrivare a oggi. Un’altra creatura rara è l’Epipactis placentina, trovata da Mauro Ottonello 3-4 anni fa nella provincia di Cuneo in alta val Tanaro. È una specie rarissima, prima sconosciuta in questa provincia. Il fatto che si chiami placentina la dice lunga sul luogo di provenienza: Piacenza.
Per concludere, c’è una specie normalissima, la Gymnadenia conopsea: in valle Grana esiste la sottospecie densiflora che cresce nei luoghi umidi con una pannocchia piena di fiori che può raggiungere un’altezza notevole, oltre il mezzo metro
Le bellezze perdute
Ci sono anche delle bellezze perdute a causa dell’intervento antropico, del cambiamento climatico e dell’inselvatichimento dei terrazzamenti una volta coltivati. Per esempio, ci sono anche dei luoghi lavorati dall’uomo che fanno sparire le orchidee per esempio con gli sbancamenti del suolo.
C’era in alta valle Tanaro un sito di Ophrys, dove vivevano delle orchidee che ora sono perse per sempre, perché hanno destinato la zona a pascolo per i bovini. Una perdita doppia in quanto i bovini non hanno avuto nessun ritorno dal mangiare le orchidee. Quell’area collinare ha perso per sempre molte specie, un luogo che era un vero tesoro botanico.
Tra le altre perdite c’è l’Ophrys ×albertiana, ibrido tra l’Ophrys apifera e l’Oph. fuciflora: ce n’era un solo esemplare ad Aisone, in valle Stura; l’anno scorso il sentiero botanico è stato trovato decespugliato per opera del comune che voleva pulire il tratto. Un sentiero botanico senza fiori è un vero ossimoro: è stato pubblicato un articolo a riguardo sul giornale locale e si spera che quest’anno lascino sbocciare i fiori.
C’era una sponda di terreno che veniva falciata regolarmente dal contadino: lì fioriva l’Ophrys tenthredinifera, unica stazione per tutto il Piemonte; dopo tre anni, a causa dell’abbandono del fondo agricolo, ha vinto la boscaglia, estinguendo questa specie nella Provincia Granda.
Gli ibridi naturali e le varianti cromatiche e morfologiche
In natura esistono gli ibridi: come gli umani in laboratorio si divertono a creare gli ibridi per migliorare le caratteristiche del fiore e la coltivabilità, anche la natura si diverte. Gli ibridi sono di solito più belli dei genitori e sono tutti diversi per forma, dimensioni e colori, ma hanno presenze molto fugaci: possono essere trovati un anno o due e poi non ci sono più, ma per fortuna possiamo immortalare queste meraviglie nelle fotografie. Per esempio l’Anacamptis papilionacea ibridata con l’Anacamptis morio dà vita all’Anacamptis ×gennari.
La Dactylorhiza sambucina ibridata con la Dactylorhiza alpestris dà la Dactylorhiza ×ruppertii.
L’Orchis militaris ibridata con l’Orchis anthropophora dà l’Orchis ×spuria.
L’Ophrys fuciflora ibridata con l’Ophrys insectifera dà l’Ophrys ×devenensis.
Esistono anche gli ibridi intergenerici, alcuni perfino molto rari come, per esempio, la Pseudorchis albida ibridata con la Gymnadenia corneliana dà origine alla ×Pseudadenia, un noto ibrido ancora non descritto.
L’ultimo ibrido trovato nel 2020 in alta val Tanaro è la ×Serapicamptis garbariorum, data dall’unione dell’Anacamptis morio con la Serapias vomeracea. Due generi diversi che si sono incrociati diventando il ritrovamento più interessante di quest’anno.
Difficilmente si trovano nuove specie, ma si scoprono nuovi ibridi o nuove varianti cromatiche e morfologiche di specie già note, che intrigano molto la ricerca. Oltre agli ibridi esistono molte varianti, per esempio l’Ophrys fuciflora ha la particolarità di avere sempre un labello diverso dall’altro sia per colore sia per forma: esistono, per
esempio, delle varietà ipocromatiche come la virescens dalla tonalità verdognola e la varietà flavescens dalla tonalità giallognola.
Per quanto riguarda le varianti morfologiche parliamo invece di lusus (da lusus naturae, letteralmente: “scherzo della natura”), sono varianti talvolta anche molto pronunciate dell’aspetto della pianta o parte di essa, dei “magnifici mostri”. Alcune di queste sono rarità che si vedono anche molto raramente o perfino una volta solo nella vita, per esempio una Epipactis atrorubens con quattro steli fiorali, una Epipactis palustris con doppio labello, una Gymnadenia rhellicani fotografata a Elva che si presenta bicefala, cioè con due steli fiorali su un solo stelo, una Cephalanthera longifolia che si presenta con tre corolle, una Ophrys fuciflora che si presenta con tre labelli e gli esempi potrebbero continuare.
Un’altra rarità è la micoeterotrofia estemporanea: nella prima fase dello sviluppo le orchidee vivono in simbiosi con il fungo e poi si svincolano quasi totalmente da questo legame: l’Epipactis atrorubens scoperta quest’anno in valle Grana ha mantenuto una colorazione bianca, indice del fatto che non fa la fotosintesi perché non ha la clorofilla, quindi ha continuamente bisogno della simbiosi con il fungo per nutrirsi.
Gli ospiti
Le orchidee ospitano dei cacciatori, in particolare vari ragni della famiglia Thomisidae, noti colloquialmente come ragni granchio, soprattutto del genere Thomisus, i quali non fanno la ragnatela ma usano le orchidee (e altre piante) come territorio di caccia.
Tra gli altri ragni troviamo il ragno napoleone, Synema globosum.
Troviamo anche la cimice assassina, Rhynocoris iracundus, che ha un rostro terribile che inserisce nelle sue vittime per succhiare i fluidi. Si trovano inoltre anche tante piccole neanidi di grilli e di cavallette.Tra gli insetti pronubi abbiamo l’Apis mellifica, in foto sull’Anacamptis coriophora che cerca del nettare, sulla sua fronte si sono attaccati parecchi pollinii che le impediscono quasi di svolgere il suo compito perché noriuscirà a entrare negli apparati nettarini dei fiori per l’ingombro della massa sulla fronte. Sulle Ophrys è molto facile trovare le neanidi di cavalletta: non si sa ancora per quale motivo frequentino il labello di queste orchidee. A volte si trovano colonie di Ophrys fuciflora popolate da piccoli grilli.
Concludiamo con una foto che vorremmo intitolare “Caccia grossa sull’Himantoglossum hircinum”: si vede un tomiside maschio in atteggiamento di copula sul dorso della femmina, che a sua volta ha appena catturato e avvelenato un’Apis mellifica; sul dorso dell’ape è già presente una mosca sarcofaga che cerca di reclamare la sua parte e dal basso arriva un altro ragno: un fiore davvero popolato!
La farfalla aurora, esemplare maschio di Anthocharis cardamines,
che si riconosce per le sue magnifiche macchie color arancio sulla parte superiore delle ali, sta bottinando su una Dactylorhiza sambucina in valle Grana.
La famosa cimice assassina, Rhynocoris iracundus, su di un’Ophrys fuciflora
Un altro ragno, Oxyopes lineatus, ha appena catturato una mosca su di un fiore di Cephalanthera rubra
Parte di quanto pubblicato in questo articolo si basa su comunicazioni personali di Bruno Gallino.
PER SAPERNE DI PIÙ
Fernando Morelli, Renato Lombardo, Le orchidee spontanee della Provincia Granda, Edizioni La Cevitou – Ecomuseo Terra del Castelmagno, 2020.
I proventi della vendita di questo libro saranno tutti destinati in beneficienza, in parte alla struttura assistenziale Casa Vittoria di S. Pietro di Monterosso Grana, che ospita le persone anziane o in difficoltà della Valle Grana, e in parte all’associazione Il Fiore della Vita OdV, che opera a sostegno dei reparti di Pediatria e Oncoematologia pediatrica dell’Ospedale di Savigliano e offre supporto alle famiglie dei bambini ricoverari.